Nel gran gioco delle parti in corso a Pechino, com'era facile prevedere, contano più gli aspetti concreti (leggi: intese commerciali portate a casa dai francesi) che le sbandierate ambizioni diplomatiche. Un Emmanuel Macron ammaestrato dai disastri patiti nella ormai ex Françafrique (dove ora scorrazza l'autocrate Putin, per interposta Wagner) ammette apertamente che «si ottengono migliori risultati rinunciando a dare lezioni sui diritti umani» e passa all'incasso: una seconda fabbrica di Airbus in Cina e nuove intese con Pechino su nucleare ed energie rinnovabili.
Il «poliziotto buono» della missione pechinese in coppia con Ursula von der Leyen spende anche molte energie e soprattutto parole sul tema della fantomatica pace in Ucraina, e chiede a Xi Jinping di «usare la sua influenza su Putin per ricondurlo alla ragione». Ma porta a casa un unico risultato: l'impegno di Xi a opporsi all'uso (vagheggiato da Mosca) di atomiche tattiche in Ucraina e per ora niente di certo su quello a non fornire né armi né altro allo Zar per la sua guerra fallita. Xi torna anche ad assicurare di esser pronto a telefonare a Zelensky per parlare del suo piano di pace, ma è tutto fumo: Kiev non intende rinunciare alla controffensiva che sta preparando, e ieri Putin ha ribadito che della mediazione cinese non sa che farsene.
Anche se i risultati concreti paiono modesti, rimane il fatto che lo sforzo di Macron e Von der Leyen è mirato a evitare che Pechino stringa sempre più l'abbraccio velenoso con Putin, creando due blocchi globali destinati prima poi a scontrarsi anche militarmente. L'impegno di Xi contro l'uso delle atomiche è una leva usata dal presidente francese per mantenere almeno in parte la Cina al di fuori di quel campo che sta ponendo all'Occidente liberale una sfida globale senza precedenti: di più al momento non si può ottenere.
Da parte sua, Xi coglie al volo l'assist di Macron e afferma sfacciatamente che «i diritti umani devono essere rispettati universalmente» e pochi ricordano che l'idea di diritti umani in vigore in Cina non ha nulla a che vedere con la nostra: è semmai il «diritto» a uguali livelli di benessere materiale in perfetta assenza di quelli politici, ai quali provvede a modo suo il partito comunista. Xi accetta anche volentieri (sempre in chiave anti Usa) l'offerta di Bruxelles di rilanciare i rapporti euro-cinesi.
Intanto manda navi e aerei a minacciare Taiwan e si gode il successo diplomatico (concretissimo, questo) della firma a Pechino di una promettente intesa tra i nemici giurati Iran e Arabia Saudita, che è un vero smacco per Joe Biden.
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