Choc e sgomento per quello che sta accadendo in Israele. Paura per tutto quello che potrebbe succedere d'ora in poi anche in Italia e nel resto d'Europa. C'è apprensione nelle comunità ebraiche del nostro Paese e all'estero, dopo il feroce attacco di Hamas. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato ieri un vertice a Palazzo Chigi, per approfondire i fatti sia a livello diplomatico che di intelligence. Alla riunione hanno partecipato i vertici dei servizi segreti, il ministro degli Esteri Tajani, dell'Interno Piantedosi e della Difesa Crosetto, il sottosegretario Mantovano e l'ambasciatore Francesco Maria Talò, consigliere diplomatico della premier. Il livello di sicurezza sugli obiettivi sensibili, sinagoghe, ambasciate e residenze diplomatiche, è stato innalzato dal Viminale, come in Francia e in altri Paesi europei, nel timore che si attivi la galassia jihadista. A Roma sono stati potenziati i presìdi nel Ghetto ebraico e nelle sedi diplomatiche, con la sinagoga sotto osservazione speciale.
Dalle comunità ebraiche emerge un messaggio di consapevolezza e di timore: «La situazione gravissima di guerra che paralizza tutta Israele rischia di riverberarsi anche con azioni nelle città italiane su obiettivi ebraici. Per questo, di raccordo con le forze dell'ordine sono state rafforzate tutte le misure di sicurezza». Non ci sono dubbi sul nome da dare a questo efferato attacco: «È una guerra con Hamas - è la sintesi delle comunità ebraiche italiane - una guerra con una forza organizzata e finanziata da diversi Paesi, che vuole la distruzione totale di Israele, un Paese che ha diritto e deve potersi difendere e sradicare ogni minaccia». Infine la constatazione di una tempistica che non appare affatto casuale: «Tutto questo è avvenuto in un giorno di festa, l'ultima festa del ciclo ebraico di questo periodo Simchàt Torà, cosa che purtroppo ricorda a tutti l'attacco del Kippur».
Israele e le comunità ebraiche italiane ed europee si aspettano solidarietà. «La guerra terroristica iniziata dall'organizzazione Hamas nei confronti di Israele deve essere condannata senza se e senza ma da tutte le istituzioni - commenta Marco Carrai, console onorario di Israele - Mi aspetto unità su questo. Non si può giocare tra chi sia l'aggressore e l'aggredito. Tra chi sia un terrorista e chi difenda libertà e democrazia. Non si può ignorare che questo sia un atto di guerra terroristica. Anche le comunità religiose che in passato hanno talvolta colpevolmente vacillato nel prendere le distanze dai terroristi di Hamas - aggiunge Carrai - dovrebbero condannare senza me e senza ma: nessuna esclusa».
Le organizzazioni ebraiche di tutto il mondo hanno espresso il loro sostegno e solidarietà ai «fratelli israeliani». «Preghiamo per la loro sicurezza e agiremo immediatamente e in modo globale per sostenerli», spiegano in un comunicato anche le comunità abraiche del Nord America. «Oggi non è un giorno di simcha (felicità) in Israele, ma è un giorno di solidarietà, determinazione e massima serietà. Israele prevarrà e il popolo ebraico resterà unito come sempre. Am yisrael chai (il popolo di Israele è vivo, ndr)».
Anche l'American Jewish Committee (Ajc) ha espresso la propria solidarietà attraverso i social. «Siamo totalmente solidali con il popolo di Israele a seguito di un massiccio attacco non provocato da parte di Hamas - ha dichiarato l'organizzazione tramite il social X - Decine di terroristi si sono infiltrati in Israele, prendendo d'assalto comunità e case, uccidendo e ferendo. Più di 2.500 razzi sono stati lanciati su Israele, mettendo a rischio milioni di persone. Tutti gli israeliani, compreso il personale dell'Ajc, sono stati chiamati a difendere il loro Paese. Israele ha tutto il diritto di difendersi».
Ora serve l'appoggio dell'intera comunità internazionale, ha spiegato il presidente di Zionism Victoria, Yossi Goldfarb, dopo aver espresso la sua preoccupazione per gli eventi
in corso e sottolineato la necessità di un sostegno senza confini. «Il diritto di Israele a difendere i suoi confini e i suoi cittadini contro un'aggressione non provocata deve essere riconosciuto dalla comunità globale».
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