Che pena la sinistra che accosta la Meloni a Hitler

Sembrava una mamma, invece sotto sotto è... Hitler

Che pena la sinistra che accosta la Meloni a Hitler

Sembrava una mamma, invece sotto sotto è... Hitler. La reductio ad hitlerum, come diceva il grande filosofo (ebreo e fuggito dal nazismo) Leo Strauss, è l'ultimo rifugio di chi possiede poche idee, ma confuse. Incredibile che ancora oggi possa essere condotto il paragone tra un leader politico, per altro secondo i sondaggi del primo partito italiano, e il Führer. Avrete capito che stiamo parlando di Giorgia Meloni e del suo libro, Io sono Giorgia, attenzionato su «Domani», il quotidiano fondato da Carlo Debenedetti. In una lunga e un po' soporifera recensione al volume, l'economista Emanuele Felice, peraltro consulente del governo, voluto dal Pd, si avventura nell'ardita analogia. Per la verità il nome dell'autore del Mein Kampf non è mai citato ma una serie di riferimenti più o meno obliqui fanno capire che Meloni sarebbe una sorta di riproposizione di quello che negli anni Trenta era giustamente chiamata la peste bruna. Cosa renderebbe una donna nata a Roma nei tardi anni Settanta del secolo la reincarnazione del dittatore totalitario? Amare la propria nazione e difenderla, essere contrari all'Europa federalista e per un'Europa delle nazioni, desiderare l'immigrazione legale e controllata, non essere favorevole all'aborto. Ci vuole poco per essere classificati come nazisti sullo yacht dell'Ingegnere. E neanche serve dire che milioni di italiani condividono queste idee, perché Felice sarebbe pronto a replicare che anche Hitler fu votato da una maggioranza relativa di tedeschi. Il lungo pezzo, per essere stato scritto da uno storico, sia pure dell'economia, è colmo di svarioni e di approssimazioni storiche, frutto di una cultura storica rimasta agli anni Settanta del secolo scorso, dalle parti dell'«Unità»: tanto è vero che quando all'autore tocca parlare dell'Urss gli si inumidisce il ciglio. Il paragone è totalmente infondato ma preoccupante per almeno due ragioni: la prima, che lascia intendere come reagiranno certi ambienti quando dovesse vincere il centro destra. La seconda è che un segnale di un'operazione tutta politicistica e strumentale.

Quella di classificare la sola opposizione come estremista, di spaccare il centro destra tra buoni e cattivi e insomma di creare un fronte repubblicano contro Fratelli d'Italia, come se Meloni fosse Le Pen. Una bella ammucchiata «antifascista» in cui a farla da padrona sarebbe la sinistra. Ma nessuno, neppure nel centro destra di governo, sarà cosi sciocco da cadere nel tranello.

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