Telecomunicazioni, mercati finanziari, manifattura. Sono tutti ambiti toccati dal cambio di paradigma portato dalla nuova rivoluzione industriale. Questo è stato il fulcro della tavola rotonda, condotta dal vicedirettore del Giornale Nicola Porro, che ha ospitato l'amministratore delagato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero; l'ad di Philip Morris Italia, Marco Hannappel; l'ad di Tim, Pietro Labriola e la presidente di Borsa Italiana-Euronext, Claudia Parzani.
Vittima di politiche antitrust europee rivelatisi deleterie, Tim ha posizionato un tassello molto importante per la sua ripartenza con la cessione delle rete fissa al consorzio guidato da Kkr, che avverrà l'1 luglio. Un'operazione che «ci permetterà di ridurre il livello di indebitamento e di eliminare quei vincoli burocratici che non ci permettevano di competere con gli altri player», ha attaccato Labriola. Nel processo di liberalizzazione del mercato europeo, qualcosa è andato storto: «Oggi il ritorno sull'investimento è inferiore rispetto al costo del capitale. Il risultato è che si smette di investire in infrastrutture e il processo di digitalizzazione salta. Si pone una questione di normativa a livello comunitario». In Usa «ci sono 3 operatori, in Cina 3-4. In Europa più di 100», ha fatto notare il manager, che pone il tema del consolidamento del settore.
Sugli ostacoli burocratici si è espressa anche Parzani: «L'Italia merita una Borsa più grande a sostegno del Sistema Paese. C'è un tema di regole, abbiamo processi e procedure che sono stati più lunghi di altri Paesi. Si va nella direzione di una maggiore semplificazione, ed è un aspetto significativo».
Prime interessate a un sistema Italia più ricco di capitali e investimenti sono le aziende. «La capacità e il genio ingegneristico italiano restano un valore in grado di fare la differenza», ha detto Folgiero a proposito di come Fincantieri compete sui mercati mondiali, «negli ultimi vent'anni il 95% della cantieristica navale è andata a Oriente, la produzione che è rimasta in Europa è quella contraddistinta da un'elevata complessità. Per noi, quindi, è importante costruire una nave che fa molte cose e in questo modo ti fa risparmiare sul costo dell'asset».
In Italia, del resto, ci sono filiere e competenze di altissimo livello, leva che ha portato Philip Morris a investire 1,2 miliardi di euro per realizzare l'avveniristica fabbrica di Crespellano, in provincia di Bologna. «Noi siamo tra i più grandi investitori esteri che hanno investito in Italia nell'ultimo decennio», ricorda Hannappel, «abbiamo realizzato un impianto produttivo grosso come 33 campi di San Siro, dove lavorano 2.500 miei colleghi. Nel 2016 c'era un campo incolto oggi c'è una fabbrica che esporta in tutto il mondo». In Italia, inoltre, «abbiamo il maggior centro di ricerca industriale. Si tratta di risorse messe nell'economia reale».
Si è toccato anche il tema della mancanza di manodopera: «Avere una capacità manifatturiera significa prendere molto sul serio il tema del lavoro», ha detto il numero di Fincantieri, «noi abbiamo cercato ragazzi che venissero a fare i saldatori specializzati per gestire una nuova saltatrice robotizzata: su 90 posti disponibili abbiamo ricevuto 17mila domande». Mentre, sulle attività di basso valore aggiunto, «in Ghana abbiamo aperto una scuola di saldatori che porteremo in Italia in modo disciplinato».
La tecnologia può portare cose positive: «Noi abbiamo aumentato la tecnologia, ma anche il numero di persone», aggiunge Hannappel, «dopo la costruzione della nuova fabbrica abbiamo riciclato i vecchi stabilimenti».
Il cambiamento porta anche resistenze come accade in Borsa Italiana, con il primo sciopero annunciato per giovedì. «Grazie all'operazione con Euronext, Borsa Italiana è entrata a far parte di un gruppo europeo con 7 entità. Sono cresciute sia l'occupazione che la ricchezza», osserva Parzani dicendosi pronta a dialogare.
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