Certo, «la valutazione se il gioco valga la candela spetta al governo italiano», è la premessa diplomatica. Ma il messaggio che ieri Paolo Gentiloni, commissario italiano agli Affari economici della Ue, ha voluto mandare al tentennante premier Conte è chiaro. Il nostro è l'ultimo Paese, in Europa, a potersi permettere di dire no alla linea di credito del Mes.
«L'Italia - scandisce l'ex premier davanti alla Commissione Politiche comunitarie della Camera - è uno dei Paesi che avrebbe maggior interesse a quei fondi, perché hanno tassi di restituzione del debito più convenienti». Ergo, il governo di Roma la pianti di mandare messaggi confusamente sovranisti e di rinviare alle calende greche quella che è, in pratica una scelta obbligata, oltre che conveniente. E per di più costruita su misura per le difficoltà italiane, grazie anche al ruolo e alla mediazione del medesimo Gentiloni. Che aggiunge un avvertimento: «Il tema della sostenibilità del debito non può essere cancellato dal Covid: occorre riportarlo verso una traiettoria discendente».
Ergo: Conte e la sua confusa maggioranza non si illudano di poter continuare allegramente a fare deficit pensando di non dover mai pagare pegno, rinunciando ad un prestito assai meno costoso come il Mes: l'epidemia non è un «tana liberi tutti» e i «diversi livelli di debito mettono in tensione tutta la zona euro: un sistema come l'Unione europea non può accettare che queste differenze si accentuino».
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