Anzaldi, chi è l'anti Fabio Fazio con quel rito del cavallo all'alba

Ecco chi è il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, fustigatore di Fabio Fazio e di tutti gli sprechi causati da “mamma Rai”

Anzaldi, chi è l'anti Fabio Fazio con quel rito del cavallo all'alba

Ambientalista, animalista e rutelliano. Il renziano Michele Anzaldi, fustigatore di Fabio Fazio e di tutti gli sprechi causati da “mamma Rai”, è un politico con una lunga carriera da giornalista alle spalle.

Siculo di nascita, ma romano d’adozione dalla metà degli anni ’80, quando si trasferisce nella Capitale per impegnarsi in prima persona nel referendum contro il nucleare. “Fino al 2013 non ho mai avuto alcuna tessera, se non quella della Lega per l’Ambiente, l’antesignana di Legambiente fondata da Chicco Testa”, ricorda spesso con grande orgoglio. Ed è proprio con Chicco Testa che Anzaldi si addentra nei meandri della politica romana, sempre da dietro le quinte come collaboratore o esperto di comunicazione. Entra, poi, come capo ufficio stampa nella corte del nuovo sindaco della Capitale Francesco Rutelli, “il bello” e il nuovo volto della sinistra romana che nel 1993 sconfigge il brutto e fascista Gianfranco Fini. Lavora insieme a un giovane Paolo Gentiloni che, all'epoca, è il portavoce del neosindaco. Dopo cinque anni anche quel ruolo passa nelle mani di Anzaldi. Sono gli anni in cui il Campidoglio si prepara a gestire il grande Giubileo del 2000 e l'ormai fedelissimo portavoce di Rutelli lavora a stretto contatto anche con Guido Bertolaso verso il quale nutre ancora grande stima. Si narra che, per una decina d’anni, si sia svegliato ogni giorno alle 5 e mezza per andare a cavallo tra le 7 e le 9 del mattino nel maneggio della Farnesina e, poi, di Villa Ada. “Arrivavo in ufficio alle 9,15 spompato ma anche rilassato e riuscivo a farmi rimbalzare tutte le rotture di co…di voi giornalisti”, ha raccontato in Transatlantico col suo stile sempre molto schietto e colorito.

Conclusa l’avventura in Campidoglio, Anzaldi continua a seguire Rutelli dappertutto, ormai quasi come un riflesso incondizionato. Asinello, Margherita, Ulivo. “Sono stato il capo ufficio stampa di tutto l’Ulivo e non era un passeggiata…Tutti dicevano la loro da Mastella a Turigliatto”, pare abbia detto ai cronisti amanti dei pettegolezzi. D’ovunque vada ‘Cicciobello’ Rutelli, Anzaldi c’è, anche a Palazzo Chigi nel secondo (tragico) governo Prodi. Il sodalizio tra i due si rompe solo quando l’ex sindaco della Capitale lascia il Pd. Anzaldi viene, dunque, assunto dal nuovo partito nel settore comunicazione con lo stesso contratto che aveva nella Margherita. “Ero ben pagato, ma non facevo un ca…Non appena Rutelli esce dal partito, a me nessuno mi voleva più”, ha confidato a ilGiornale.it. Gli anni passano e “il maestro”, come lo chiama Filippo Sensi ex portavoce dei premier Renzi e Gentiloni, diventa sempre più apprezzato e ascoltato nel sottobosco della sinistra liberal.

Proprio Matteo Renzi si affida ai suoi consigli per cercare di scalare il partito nel 2012 quando ottiene un’ottima performance nelle primarie contro Pier Luigi Bersani, ma non vince. L’anno seguente, una volta entrato in Parlamento, Anzaldi inizia l’era della lotta agli sprechi. La Rai è il suo pallino fisso fin dai tempi della Margherita e Fabio Fazio diventa il suo bersaglio preferito. Sono gli anni in cui si introduce il tetto dei 240mila euro di stipendio annuo ai dirigenti pubblici e in cui il presentatore di ‘Che tempo che fa’ si inventa d’essere sia giornalista sia artista, pur di non finire tra i colpiti dai tagli. Ma Anzaldi è anche il deputato che finisce sulla prima pagina de Il Giornale per aver proposto una tassa per i proprietari che non vogliono castrare i propri animali. “Vogliono mettere le tasse sulle palle dei cani” fu il titolo dell’articolo. Ma non solo. Nel 2016, quando Obama era appena stato eletto e Renzi si trovava proprio negli Stati Uniti, Anzaldi scrisse all’ambasciatore americano per lamentarsi del fatto che nella nuova versione del Monopoli erano state tolte le carceri e le attività commerciali. Insomma, era sparita l’economia reale ed era rimasta solo quella della finanza e dei surprime. Libero uscì con una vignetta in cui c’era Renzi che scappava dalla Casa Bianca con il Monopoli sotto braccio e Obama che lo inseguiva.

Questo deputato di Italia Viva che si vanta sempre di avere pochi amici dentro il Palazzo e di non parlare mai con nessuno come un vero siciliano, in pochi anni è diventato il terrore di Piazza Mazzini e del due Conte- Casalino che vorrebbe veder fuori da Palazzo Chigi il prima possibile.

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