Lo scontro fra il governo italiano e la Francia di Emmanuel Macron si fa sempre più acceso. Le parole di Luigi Di Maio, che ha accusato la Francia di essere una "colonizzatrice" che "impoverisce l'Africa" hanno scatenato una delle più aspre dispute diplomatiche fra Parigi e Roma. E il governo francese ha convocato l'ambasciatrice italiana al ministero degli Esteri per avere chiarimenti sulle opinioni espresse dal vice premier pentastellato.
Ma quello dell'ambasciatrice Teresa Castaldo, un gesto particolarmente importante da parte del Quay d'Orsay, è solo l'ultimo episodio di una lunga serie che ha coinvolto Italia e Francia da quando la maggioranza del Parlamento è composta da Lega e Movimento 5 Stelle. Era il 30 marzo 2018 quando fra Parigi e Roma c'è stato il primo scontro: un gruppo di agenti delle dogane francesi irrompono nella stazione di Bardonecchia, in pieno territorio italiano, per prendere un immigrato fermato sul treno Parigi-Milano e sottoporlo al test delle urine. L'Italia protesta: ma la Francia afferma che è tutto frutto di un accordo del 1990. Nel frattempo, la procura di Torino apre un'inchiesta.
Il 12 giugno un nuovo scontro. Il governo giallo-verde ormai è insediato e scoppia il caso Aquarius. La nave della Ong, con più di 600 migranti a bordo, rimane bloccata per giorni nel Mediterraneo. L'Italia, con il ministro Matteo Salvini sugli scudi, alza il muro: i migranti non sbarcheranno nei porti del Belpaese. Il presidente francese, Emmanuel Macron, attacca il governo parlando "cinismo e irresponsabilità" dell'Italia. Il portavoce del partito del presidente En Marche!, Gabriel Attal, passa alle offese, definendo "vomitevole" la decisione dell'esecutivo italiano di chiudere i porti. Il vice premier Luigi Di Maio invita allora la parte francese ad aprirei suoi porti. Salvini ricorda a Macron di accogliere i 9mila migranti, come aveva promesso.
Passa l'estate e il 13 ottobre c'è un nuovo episodio al confine fra Italia e Francia. Questa volta, fra Cesana e Claviere, la gendarmeria francese scarica da un furgone un gruppo di immigrati. Parigi si trincera dietro un "errore" ma accusa il governo italiano di voler strumentalizzare a fini politici quanto accaduto. Salvini, appena saputo dell'accaduto, rifiuta le scuse dei francesi ricordando che non è la prima volta che sconfinano in territorio italiano. E che quindi non si può più parlare di semplice "errore". Poi, una settimana dopo, Salvini pubblica su Facebook con un nuovo sconfinamento. In questo caso, alcuni agenti francesi lasciano dei migranti a Claviere. Questa volta, il governo francese parla di una prassi fra i due Paesi parlando di respingimenti.
Nel frattempo, fra Italia e Francia scoppiano altre polemiche. Sul fronte libico, Parigi e Roma sono divise da profonde divergenze. L'Italia punta tutto sulla conferenza di Palermo. Ma la transizione guidata da Roma non piace ai francesi. Dall'Eliseo arriva l'ordine di sabotare i piani italiani in Libia. Ma l'operato di Giuseppe Conte e della diplomazia italiana riesce a colpire i piani francesi e strappa la Conferenza di Palermo.
Arriva dicembre. E arrivano i gilet gialli. Luigi Di Maio attacca Macron sulle misure pensate da Parigi. Misure che arrivano quando Roma viene bocciata dalla Commissione europea sulla manovra: "Secondo i nostri calcoli non si sposano con il deficit/Pil annunciato entro fine anno. La Francia dovrà per forza aumentare il deficit e si aprirà anche un caso Francia, se le regole valgono per tutti. Ma noi non lo speriamo". E poco dopo ritorna: "Non è sicuramente in linea con quello che l'Europa ci ha detto fino ad ora. L'Europa guarda ai diversi Paesi in maniera diversa".
L'8 gennaio un nuovo scontro, sempre sui gilet gialli. Ed è sempre il ministro pentastellato a scrivere un post sul blog del Movimento 5 Stelle, offrendo ai gilet gialli il suo aiuto e di "non mollare". Dalla Francia montano le proteste.
Il ministro francese per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, scrive su Twitter che "la Francia si guarda bene dal dare lezioni all'Italia. Salvini e Di Maio imparino a fare pulizia in casa loro". Parole dure che si aggiungono alle accuse nei confronti degli Stati esteri di supportare i movimenti di protesta interni.
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