![La minaccia sui rapiti e la strategia islamista per dividere Tel Aviv](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/11/1739253948-aztyeyxb0mzhzbpw11lr-ansa.jpeg?_=1739253948)
La minaccia di Hamas di ieri sera, quando all'improvviso ha annunciato di interrompere gli accordi per cui sabato avrebbe dovuto consegnare tre rapiti a Israele dice solo questo: o fate quello che vogliamo noi, o la fine che fanno i rapiti è scritta sui volti e sui corpi di Eli Sharabi, Or levy e Ohad Ben Ami. Ovvero, li riduciamo attraverso torture e privazioni a sopravvissuti della Shoah, o peggio li facciamo morire come abbiamo fatto con la metà di quelli che volete rivedere. Hamas ha detto di fermare tutto per violazioni di Israele: lentezza, meno aiuti umanitari del programmato, fuoco all'avvicinarsi al confine di suoi uomini, poco passaggio tranquillo attraverso la Striscia, scarsa o nessuna consegna dei veicoli pesanti per lo sgombero di masserizie. Niente di tutto questo è vero, o rilevante rispetto a una mossa così drammatica, manipolatrice, che ha scaraventato in piazza tutto il movimento anti-Netanyahu, che non c'entra niente.
I termini dell'accordo sono stati tutti penosamente rispettati, gli assassini palestinesi sono per la strada, il ritardo nelle consegne riguarda una parte minuscola dell'enorme numero dei carichi, rallentati peraltro dal comportamento di Hamas che se ne è via via impossessato per i suoi fini alla faccia della popolazione di Gaza; è vero che i palestinesi che si sono avvicinati all'esercito sono stati presi di mira, ma tutto era scritto e concordato. È anche avvenuto con grande apprensione lo sgombero di Netzarim che bloccava l'accesso dal nord al sud della striscia e viceversa. I mezzi pesanti sono oggetto di discussione, perché Israele non ha intenzione di lasciare che sia Hamas a affrontare o fingere di affrontare la ricostruzione per fare altre gallerie per le sue armi di distruzione. Sono altre le ipotesi di ricostruzione, specie quella che Trump ha arricchito ieri di nuovi progetti di una grande operazione di real estate con la partecipazione diretta degli USA: questo dopo che ha visto la riduzione a scheletri dei rapiti liberati due giorni fa, e ha proprio pensato che no, con Hamas niente è possibile fuorchè farla finita.
Le bugie di Hamas non incantano nessuno, e le ipotesi realistiche sono varie: la prima è che Hamas si comporti come Hamas, un manipolatore crudele che gioca sui nervi del popolo ebraico che vuole vedere a casa i rapiti, che punta sulle sue rotture interne ora che è particolarmente ferito dall'accresciuta consapevolezza di come i nazisti di Gaza trattano i rapiti. Dunque Mohammed Sinwar forse non ha veramente intenzione di abbandonare l'accordo, dato che le condizioni di assoluta debolezza di Hamas non gli consentirebbero una vera ripresa della guerra: il gioco riguarda forse un'accelerazione dell'ingresso di quella seconda fase che dovrebbe dare a Hamas la pace senza vederlo sgominato, e portare alla restituzione di tutti i rapiti: Ancora la seconda fase Israele non si è affrettata a discuterla tecnicamente anche se la delegazione a Doha è lì per questo. Ma il fine ultimo di Hamas è ottenere ora, subito, la fine delle ostilità e l'ultima preda, quella del confine di Filadelfia, così da poter ricominciare a preparare la distruzione di Israele. Sullo sfondo due eventi che possono interrompere la spirale sadica: il primo, la promessa di Trump di occuparsi personalmente della cosa. La minaccia contro gli Stati Uniti è giocata direttamente sulla pelle dei rapiti: provaci, e vedrai cosa gli faccio. Ma Trump sembra averli direttamente a cuore, e già una volta ha promesso l'inferno se non verranno restituiti. In secondo luogo, si è visto a Teheran un incontro la settimana scorsa dei leader di Hamas coi loro patron. Può darsi che in Iran, dove in questi giorni il PM ha tenuto un discorso diretto e aggressivo minacciando Israele e gli USA come ai bei tempi, si tentino mosse che spostino l'attenzione di Trump su eventi collaterali rispetto al disegno di giocare tutta la partita del medio Oriente che vede gli Ayatollah messi molto male. Trump incontri il re Abdullah di Giordania e il presidente al Sisi d'Egitto, mentre sempre a seguito della proposta di Trump, Abu Mazen cerca di rafforzare la sua candidatura a una compartecipazione nella gestione della Striscia dichiarando che da ora in poi diventerà buono e smetterà di finanziare i terroristi coi suoi noti stipendi del «pay for slay».
Il terreno intorno e dentro Gaza scotta per Hamas che quindi sta giocando col fuoco: mette sul tavolo tutto il suo patrimonio, i rapiti, mentre non controlla l'orrore per il suo sadismo, che gli si ritorce contro. È vero che Hamas con l'ultimo ricatto farà di nuovo scendere la gente in Israele in piazza per chiedere a Netanyahu di dare tutto ciò che ha in cambio dei rapiti nelle mani del mostro, che gioca appunto sulla sua mostruosità. Ma è un gioco che pasticcia con eccessiva sfacciataggine sulla crudeltà, sul sadismo, sul ricordo del sette di ottobre. Di certo il governo cercherà di andare avanti per recuperare più rapiti possibili e di spingere Hamas a ripensarci fino a Sabato. Intanto però l'esercito è allertato, i soldati che stavano tornando a casa in parte sono di nuovo ai loro posti.
Anche Trump si è chiesto per quanto tempo si può baloccarsi col diavolo. La risposta è: finché il diavolo sbaglia mossa. Stavolta la folla invece di tornare in piazza contro Netanyahu chiedendogli di dare tutto, potrebbe invece marciare idealmente su Gaza per farla finita con questa pazzia.
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