La battaglia contro l'Autonomia differenziata che ha unito la galassia delle opposizioni dentro e fuori il Parlamento, era partita all'indomani dell'approvazione della legge Calderoli, promulgata il 26 giugno scorso dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Una bandiera per la Lega, sostenuta dall'intera maggioranza, con l'obiettivo di consentire alle Regioni di richiedere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Ora la Corte costituzionale ha accolto, seppur solo in parte, il ricorso delle Regioni guidate dai governatori di centrosinistra sulla questione di costituzionalità, e ha rimandato la palla alle Camere sui punti critici. Ma la Consulta, pur ritenendo «non fondata la questione di costituzionalità dell'intera legge sull'autonomia differenziata», considera «illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo».
La leader dem Elly Schlein, è sarcastica: «Ennesimo flop, bastava leggere meglio la Costituzione». Il grillino Giuseppe Conte gongola: «Volevano fare a pezzi il tricolore e la nostra unità».
Per mesi si sono mobilitate anche le piazze, l'altra via per opporsi alla riforma con la raccolta firme. Mentre a giugno il Parlamento approvava la legge Calderoli, a Roma in piazza Santi Apostoli convergevano Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra, Più Europa. Il campo larghissimo al grido di «Uniti si può vincere questa destra» e «fermeremo queste riforme». Sul palco anche il presidente dell'Anpi Gianfranco Pagliarulo: «Premierato e autonomia differenziata sono una vendetta contro la Costituzione antifascista. Verranno tempi duri, siamo in piena notte». La segretaria dem Schlein assicurava coordinamento con i governatori: «Ci stiamo sentendo con le Regioni e i Comuni perché ci prepariamo a quello che servirà per contrastare la legge fatta passare di notte in Parlamento».
In prima linea anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: «L'autonomia differenziata è una cosa che divide e spacca il Paese, non esiste un paese che ha venti diversi tipi di scuola, venti diverse politiche energetiche, venti diversi sistemi sanitari; già adesso siamo troppo divisi. Noi pensiamo ci sia bisogno di unire».
Tutti fanno parte del grande comitato referendario che ha raccolto e depositato in Cassazione un milione e trecentomila firme - ne bastavano 500mila - per abrogare la legge: «La Legge sull'autonomia differenziata va abrogata perché spaccherà l'Italia in tante piccole patrie, aumenterà i divari territoriali e peggiorerà le già insopportabili diseguaglianze sociali, a danno di tutta la collettività e, in particolare, di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giovani e donne».
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