Suor Anna Monia Alfieri da anni si spende per la libertà educativa ed è una delle voci più accreditate sui problemi dell'organizzazione dei sistemi formativi. Nota al grande pubblico per le sue frequenti ospitate televisive, in particolare a Quarta Repubblica di Nicola Porro, ha da poco pubblicato un libro edito da Il Timone intitolato Andare a scuola e uscire imparati. Lezioni di libertà educativa. Dal contrasto al politicamente corretto alla difesa della libertà di parola, Suor Anna è una paladina della libertà (unita all'etica).
Nel suo recente libro «Andare a scuola e uscire imparati» parla di libertà di educazione, che cosa significa per lei libertà di educazione e di insegnamento?
«Libertà di educazione significa semplicemente garantire ai genitori la libertà di scegliere la scuola per i propri figli, senza alcuna discriminazione economica. Una scuola, ovviamente, che sia conforme ai propri principi educativi. Ogni scuola pubblica, statale e paritaria, è tenuta ad avere il PTOF, il Piano Triennale dell'Offerta Formativa. Il genitore, una volta conosciuta l'offerta formativa delle scuole presenti sul territorio in cui abita dovrebbe essere libero di scegliere: se l'offerta formativa della scuola statale lo soddisfa, scuola statale sia; se l'offerta formativa della scuola paritaria lo soddisfa, scuola paritaria sia. Ovviamente sotto lo sguardo garante dello Stato. Attualmente lo Stato italiano è gestore pressoché unico del servizio di istruzione e controllore di se stesso. Questo non va bene, perché significa monopolio educativo, tipico dei regimi. La scuola invece deve essere libera, per tutti: studenti, genitori, docenti».
Che cosa risponde a chi afferma che le scuole paritarie non dovrebbero ricevere contributi pubblici?
«Direi che si sbaglia appellandosi ad un pregiudizio ideologico. Innanzitutto la legge 62/2000 ha istituito il Sistema Pubblico dell'Istruzione, formato dalle scuole statali e dalle scuole paritarie. Entrambe, quindi, pubbliche ai sensi di legge. La legge 62/2000 risponde a distanza di cinquant'anni a quello che la Costituzione già aveva previsto. Inoltre l'Europa in più occasioni ha ricordato che pubblico non è sinonimo di statale, ma pubblico è tutto ciò che va a beneficio dei cittadini. Poi, a onor del vero, noi non chiediamo soldi per le scuole paritarie ma per i genitori, ossia chiediamo che lo Stato assegni una quota ad ogni genitore il quale deciderà dove spendere quella quota, presso una scuola pubblica statale o pubblica paritaria, in una perfetta e chiara rendicontazione. In tal senso auspico che la legge di bilancio intervenga in modo graduale riconoscendo ai genitori che scelgono la scuola paritaria per i loro figli una quota pari al 70% del Costo Medio Studente, così come ogni anno viene definito dal Ministero dell'Istruzione e del Merito. Il resto della quota sarà assegnato nelle tre manovre successive. Altrimenti 800 mila alunni si riverseranno nella scuola statale con un costo pari a 5,5 mld di euro (CMS) al quale occorre aggiungere 6mld per costruire le scuole necessarie per accogliere gli studenti delle scuole paritarie che nel frattempo avranno chiuso i battenti».
La libertà di espressione e di parola è sempre meno garantita in Occidente a causa del politicamente corretto. Come si può garantire il diritto di ogni persona di esprimere il proprio pensiero, anche il più abbietto, senza rischiare di incorrere nella censura?
«Con un richiamo alla responsabilità. Ora, se noi educhiamo i giovani al senso critico, alla cultura della conoscenza e dell'approfondimento, ecco il pensiero più abietto potrà essere espresso ma non troverà seguaci, non troverà sostenitori. Inoltre occorre educare i giovani al retto utilizzo dei social. La libertà di espressione deve trovare libertà di pensiero e indipendenza di giudizio. Su questo fronte occorre lavorare molto. Gli episodi di cronaca ce lo confermano».
La libertà è anche libertà di impresa e di mercato.
Qual è la sua opinione sul dibattito per liberalizzare alcuni settori economici come per esempio taxi e balneari?«Sono d'accordo. La libera concorrenza è da sempre il motore dell'economia. Una concorrenza che rispetti determinate norme fissate dallo Stato, ovviamente».
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