Mario rosica per Mario. Alla faccia della sobrietà, del Loden e dell'austerità. Di fronte al successo raccolto da Draghi, ancor prima di essersi insediato, Monti si scompone e si scalda, perdendo qualche grado della sua celeberrima freddezza. Da quando l'ex numero uno della Bce è stato convocato al Colle una sorta di quiete e di speranza hanno avvolto l'opinione pubblica. Certo, Salvini è ancora troppo brutto e cattivo perché le educande del Pd possano sedersi tranquillamente al tavolo con lui, la Meloni si mette cautamente di traverso, i Cinque Stelle sono allo sfascio e Giuseppe Conte non è felice di vedersi sostituito e scavalcato nei sondaggi così, in quattro e quattr'otto. Ma quello che rosica di più è l'altro Mario. Quello che nessuno, non a caso, ha mai chiamato Supermario. Pure lui economista, pure lui professorone, pure lui con solidi studi negli Stati Uniti e importanti esperienze politiche nelle istituzioni europee. Anche lui presidente del Consiglio. Profili simili, ma contesti totalmente diversi. Uno (al momento) amato, l'altro (da tempo) detestato. Monti fu paracadutato a palazzo Chigi da Giorgio Napolitano per imporre agli italiani una politica di sacrifici e austerità, passata alla storia come un periodo di lacrime e sangue. Non che adesso ci si aspettino sorrisi e tsunami di champagne, ma lui era stato chiamato per tagliare (cosa che, ammettiamolo, ha fatto anche con un certo sadico e malcelato compiacimento) mentre Draghi è stato convocato per gestire, senza sperperare, gli oltre 209 miliardi del Recovery fund. Vedremo cosa combinerà. Ma questa cosa, al professore, proprio non va giù. Parliamoci chiaro: se il suo governo è stato considerato come uno dei più impopolari di sempre, qualche motivo ci deve essere. Gli italiani, e le loro tasche, ne sanno qualcosa. Ma Monti non lo accetta e ieri, ospite a In mezz'ora in più su Raitre, si è tolto un acidissimo macigno dalla scarpa: «Questo non è il momento di fare le puntualizzazioni, ma all'epoca del governo di Mario Monti (prende anche lui le distanze da se stesso?, ndr), la punta di diamante dell'austerità in Europa era proprio la Bce, prima con Trichet e poi con Draghi per un certo periodo». Insomma, signori, se Monti ha dissanguato gli italiani la colpa non è sua, ma di Draghi, dopo quasi un decennio ha avuto il coraggio di vuotare il sacco: il vampiro era l'altro. Non pago, inizia a gufare: «La campana di anestetico, creata dalla Bce, si ridurrà, riemergerà la realtà dei problemi. Penso che si presenteranno dei momenti difficili». Un'uscita poco austera e alquanto menagrama per un ex premier.
Anche perché al governo dei professori gli italiani hanno già consegnato la loro pagella nel 2013, quando Scelta Civica, la lista di Monti, si assestò sotto un misero 10 per cento. Tutti bocciati. Lui, da allora, non ha smesso di rosicare.
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