E alla fine Vladimir Putin ha ottenuto quello che con l'operazione speciale avrebbe voluto evitare: è partito il processo, irreversibile, che porterà l'Ucraina nella Nato. L'accordo per la sicurezza Usa-Ucraina firmato al margine del G7, nei fatti, è l'ingresso non ufficiale di Kiev nel sistema di difesa Occidentale, perché quando hai un accordo di mutua assistenza sul piano militare con Washington lo hai anche con l'Alleanza Atlantica visto che l'Alleanza Atlantica, nei fatti, sono essenzialmente gli Stati Uniti. Del resto - restando alla teoria - se gli Stati Uniti nella loro difesa dell'Ucraina fossero attaccati dalla Russia gli altri paesi Nato sarebbero costretti ad intervenire in aiuto di Washington per il famoso art.5 del Patto Atlantico.
Ecco perché l'accordo di Borgo Egnazia, se lo si legge con gli infrarossi, nei fatti dà all'Ucraina le stesse garanzie che avrebbe se fosse nella Nato superando gli ostacoli che avrebbero potuto frapporre quei membri dell'Alleanza che hanno particolari rapporti con Mosca, vedi l'Ungheria: gli Stati Uniti, infatti, si impegnano a garantire la sicurezza di Kiev in questo conflitto e negli eventuali che potrebbero seguire; si tratta di un'intesa che ha una durata di tempo decennale e che prevede alla fine l'ingresso formale nella Nato; l'accordo però non esclude che l'Ucraina possa entrare anche prima se si creeranno i presupposti, cioè se saranno approvate le riforme necessarie e se Kiev impiegherà meno tempo a portare i propri standard militari a livello di quelli dell'Alleanza.
Di più: la durata decennale mette al riparo l'accordo anche dall'eventualità che Donald Trump arrivi alla Casa Bianca perchè durerebbe più del suo mandato presidenziale; per cui al massimo Donald il rosso potrebbe solo congelarlo ma non cancellarlo.
Che il patto Usa-Ucraina rappresenti un punto di svolta lo dimostra anche la reazione del Cremlino con Putin che lo giudica un accordo bluff e si dice disposto a negoziare se quattro regioni del territorio di Kiev diventeranno russe (Donbass etc.) e se, appunto, Kiev resterà fuori dalla Nato. Sia una provocazione o meno è evidente, però, che la soluzione della guerra dopo l'incontro tra Biden e Zelensky a Borgo Egnazia ormai ha preso altre strade.
Come aveva scritto Il Giornale il 7 ottobre del 2022 le garanzie per la sicurezza futura (patto con gli Usa e poi ingresso nella Nato) potrebbero spingere Kiev a congelare il conflitto. Non ci sarà un'intesa ma i confini saranno dettati dai rapporti di forza militari, saranno fissati dalla linea del fronte: per cui è difficile se non impossibile che l'esercito di Zelensky riconquisti i territori perduti, ma con gli aiuti che arriveranno dalla Nato anche per la Russia sarà arduo se non impossibile, annettere altri pezzi di Ucraina. Una soluzione in stile Corea, cioè con una pace non siglata. Questo è quello che hanno in mente a Washington. Un'equazione che offre all'Ucraina la sicurezza futura in cambio della cessione - non ufficiale - di pezzi di territorio alla Russia.
Se finirà così Vladmir Putin non avrà certo fatto un grande affare: magari riuscirà a tenersi pezzi del Donbas e la Crimea ma nel contempo, rispetto all'inizio del conflitto, aumenterà il numero dei Paesi Nato confinanti con la Russia: oltre a quelli di prima ci saranno anche Svezia, Finlandia e, di fatto, l'Ucraina.
Ma sarà, appunto, una pace non detta, un ritorno alle atmosfere della cortina di ferro. Solo che troppo sangue è stato versato, troppi lutti si sono consumati perchè un conflitto così violento possa concludersi con una stretta di mano. Le ferite, i rancori, il desiderio di vendetta si curano con il tempo.
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