"Una nuova censura estrema segno del totalitarismo russo"

Lo storico: "Proibire l'uso della parola guerra è un atto stupefacente e anche sfacciato, in vecchio stile sovietico"

"Una nuova censura estrema segno del totalitarismo russo"

Lo storico Robert Darnton, oltre ad essere uomo di immensa cultura, esperto del Settecento francese e direttore della Biblioteca universitaria di Harvard (la più grande del mondo), è uno studioso della censura, non solo nel passato più lontano ma anche in quello più recente, come nella Ddr, di cui racconta nel bellissimo I censori all'opera (Adelphi, 2017).

Professor Darnton, vede dei «censori all'opera»?

«Sì, assolutamente, e sono molto occupati... Sono al lavoro ovunque. Dalla Russia arrivano notizie sulla chiusura di qualsiasi organo di informazione critico di Putin».

Perfino l'uso della parola «guerra» è proibito.

«Questa è una revisione estrema del vecchio stile di censura sovietico».

Ma la censura è fisiologica alla guerra?

«Credo sia difficile immaginare una guerra senza di essa. L'informazione è un'arma, e le parti in conflitto hanno bisogno di mantenere il controllo e il sostegno della loro nazione».

È sconcertante però che oggi, con tutte le possibilità di informazione che abbiamo, sembri funzionare.

«Sembra funzionare, ma noi non abbiamo davvero informazioni dirette su ciò che avviene in quel particolare sistema di informazione che è la Russia. Premetto che ho grande simpatia e rispetto per la Russia e il popolo russo, fosse solo per la battaglia di Stalingrado. Il mio editore russo mi ha invitato qualche anno fa a Mosca, per parlare proprio di I censori all'opera, che è pubblicato in russo».

E...?

«E sono rimasto stupito da quante persone ci fossero e quante domande e curiosità avessero. Non dobbiamo sottostimare l'integrità di molti intellettuali e lettori russi. È possibile che Putin riesca a bloccare le informazioni al punto che i russi non sappiano che cosa succede davvero?».

Lo è?

«Ha di fatto buttato fuori la Bbc, la Cnn e tutti i grandi media occidentali. Anche twitter, internet, facebook, che pure avevano grande pubblico in Russia, di fatto sono finiti. Ci sono persone che, dall'Ucraina, chiamano i parenti in Russia e non vengono credute, sentono parlare di una piccola incursione contro dei fascisti».

La propaganda funziona?

«Funziona, ma tornano e raccontano anche i soldati, persone normali, che si sono ritrovate in guerra. E questa esperienza non può essere cancellata. Credo che, sul medio-lungo periodo, l'informazione minerà l'autorità di Putin».

È ottimista?

«La domanda è: la censura può davvero funzionare nel mondo dei media moderni? Sono scettico. Però Putin potrebbe comunque rimanere saldo al potere, e non essere spaventato dal fatto che l'informazione possa essere una minaccia, nel sistema da lui costruito».

Così sembra anche peggio.

«Lo è».

La censura è brutale?

«Certamente. Si pensi ai gulag, ai 15 anni di prigione per chi parla di guerra... Ma la censura non è la semplice repressione della libertà di parola: è una forza molto più pervasiva, nei regimi autoritari, che comporta la complicità da parte di ciascuno, nel mondo della cultura e dell'informazione».

Se guerra e censura vanno insieme, la censura c'è anche in Occidente?

«Tutti siamo rimasti impressionati dal discorso di Zelensky: parte dell'opposizione alla Russia, in questo momento, è dovuta al modo in cui sono presentate le informazioni. È censura? No, ma è un tipo di propaganda, e sembra funzionare, anche nel risollevare un patriottismo ucraino sopito. Oppure c'è la censura di chi, in Occidente, non vuole leggere autori russi o non vuol fare esibire artisti russi».

Quando ha sentito che la parola «guerra» è proibita in Russia che cosa ha pensato?

«Ero stupefatto. Questo è un tipo di censura così estremo, così sfacciato, che spinge a credere che Putin non si fermerà di fronte a nulla».

Fra censura e dittatura c'è un legame necessario?

«Sì. E la censura è un sintomo del totalitarismo strisciante, come è avvenuto in Russia, dove si è affermato un controllo totale dell'informazione: è una nuova forma di abuso di potere, che si accompagna a questa guerra».

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