La Nutella beffata in Belgio dal concorrente senza cacao

In vendita un'altra crema spalmabile molto simile chiamata "Choco". Per il Tribunale è tutto a posto

La Nutella beffata in Belgio dal concorrente senza cacao

Nel caso giudiziario Nutella contro Nulla per ora vince il Nulla.È l'amara (strano per un dolce, no?) morale della vicenda che arriva dal Belgio e che costituisce non il più grave ma forse il più grottesco degli attentati al made in Italy che si mangia e si beve. Qui la Ferrero, produttrice della più celebre crema spalmabile a base di nocciola e cacao, talmente famosa in tutto il mondo da essere patrimonio goloso dell'umanità, ha scovato sugli scaffali della catena dei supermercati Delhaize un prodotto private label (ovvero con il marchio dello stesso supermercato) che per forma del barattolo, e colore del prodotto richiama inequivocabilmente la celebre crema spalmabile di Alba.

Fin qui nulla di strano: il mondo è pieno di imitatori della Nutella, alcuni la buttano sulla somiglianza, altra sul prezzo, qualcuno ha perfino provato a puntare sulla migliore qualità dei prodotti, tutti senza intaccare minimamente il monopolio di fatto della crema che nel 2014 ha compiuto cinquant'anni. Ma in questo caso la questione è un po' più grave: la crema spalmabile, denominata «Choco», di cioccolato, o meglio cacao, non ne ha mai visto nemmeno l'ombra.La Ferrero si rivolge fiduciosa a un tribunale belga, chiedendo ai giudici di applicare alla catena di distribuzione una multa tra 1250 e 100mila euro per infrazione. Il Tribunale del commercio belga però respinge la richiesta dell'azienda piemontese sostenendo in modo invero piuttosto bizzarro che Delhaize non insinua che il cioccolato sia un ingrediente dell'alimento (e allora il nome «Choco» che significa?), ma che lo utilizza per indicare il gusto o il sapore che gli attribuisce e che comunque la parola «Choco» non è regolamentata. E meno male che siamo nella terra in cui sono state inventate le praline.Ferrero non dice nulla e nemmeno Delhaize. Ci pensa la seguitissima organizzazione indipendente Test-Achat che difende i diritti dei consumatori in Belgio, a dare ragione all'azienda italiana spiegando che il termine crema da spalmare «au chocolat», «choco» o ancora «chocolatée», «secondo la legislazione belga deve essere riservato ai prodotti che utilizzano effettivamente del cioccolato».

Test-Achat è andata oltre scoprendo che diversi «altri prodotti venduti in altri supermercati non contengono cioccolato nonostante l'etichetta. E che dire del fatto che l'88,6 per cento dei consumatori da essi interpellati ritiene che il «choco» debba contenere del cioccolato? Una soddisfazione morale che attenua solo in parte la constatazione che quando si tratta di andare davanti a un tribunale a difendere i nostri interessi agroalimentari perdiamo sempre. Tempo fa la commissione europea (che ha sede a Bruxelles...) stabilì che il Belgio può vendere tranquillamente una sua varietà del pomodoro San Marzano perché tale nome «non è appannaggio dei produttori italiani» se coltivata al di fuori dell'area geografica delimitata dalla dop pomodoro San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino.

E l'Italia negli anni ha dovuto rinunciare al nome Tocai attribuito a un vitigno (che ora infatti si chiama Friulano) per evitare l'assonanza con il vino liquoroso ungherese Tokaj; e alla possibilità di utilizzare all'estero la storica locuzione Gallo Nero per il Chianti Classico a causa del fatto che la potentissima casa vinicola californiana Gallo aveva già registrato il marchio.

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