I numeri del contagio non rallentano, ma si continua ad aprire, ad allargare le regole. Da oggi 1° agosto niente più distanziamento sui treni a lunga o media percorrenza: sia Italo sia Trenitalia, che sulla materia fino a ieri non avevano ancora fornito informazioni più precise, potranno occupare tutti i posti, anche se i passeggeri saranno obbligati a viaggiare con una dichiarazione in cui dovranno precisare di non avere il coronavirus, di non essere in quarantena, di non avere sintomi allarmanti, di non avere febbre, di non avere frequentato contagiati.
Una novità che non piace a Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza e docente di Igiene alla Cattolica: «È sbagliato eliminare il distanziamento sociale sui treni. Proprio il distanziamento contribuisce alla sicurezza di questo mezzo di trasporto, che diventerebbe altrimenti insicuro». E anche dal Cts (Comitato tecnico scientifico) del ministero della sanità, pur in mancanza di un pronunciamento ufficiale, filtrano umori corrucciati.
Perché i numeri non terrorizzano ma nemmeno tranquillizzano. Il numero dei contagi è stabile: ieri 379 contro i 386 di giovedì, con 68.444 tamponi refertati. I morti invece salgono a 9 (erano 3 l'altro giorno). Insomma, l'epidemia sembra essersi stabilizzata a un gradino più alto rispetto alla precedente fase, quella dell'euforia del quasi-zero, anche se non va dimenticato che a marzo i contagi erano diverse migliaia al giorno e i morti sfioravano i mille.
Ma bisogna stare sul chi va là, questo è chiaro. Il ministero della Salute assieme all'istituto superiore di sanità fanno sapere che l'indice Rt di contagio sia appena la soglia di attenzione dell'1 per cento, ma in otto regioni è sopra questa soglia. Secondo il report l'età del contagiato è sempre più bassa («è ormai intorno ai 40 anni») anche a causa delle caratteristiche dei focolai che vedono un sempre minor coinvolgimento di persone anziane, un aumento tra i casi importati e in parte all'identificazione di casi asintomatici tramite screening in fasce di età più basse.
Ieri per il secondo giorno è stato il Veneto a superare tutti per numeri di contagio, con 117 nuovi positivi. Chiaro il legame con il focolaio scoppiato nella caserma Serena di Casier-Treviso, che secondo il governatore veneto Luca Zaia «è una zona rossa: lo è quantomeno da un punto di vista sanitario». «Da quella caserma - ha aggiunto Zaia - nessuno deve uscire, a meno che non dichiari di fare la quarantena da altre parti. Penso che quella caserma debba essere gestita in maniera assolutamente severa. La gestione del piano di sanità pubblica è una cosa seria. Noi abbiamo avuto 5 milioni di veneti che si sono chiusi in casa per mesi. Non capisco quale sia il problema di chiedere a 300 persone di farsi la quarantena. Noi andremo a testarli ogni sette giorni anche per vedere l'evoluzione, ma la comunità deve avere la tranquillità che da lì non si deve uscire».
Dietro il Veneto. Seguono la Lombardia (77), l'Emilia-Romagna (36), Piemonte e Marche (21), e il Lazio a 18.
Lazio dove si verifica il caso denunciato dal senatore di Forza Italia Francesco Battistoni di tre migranti «che il governo ha collocato nel territorio della Provincia di Viterbo risultati positivi al Covid-19» e che «hanno avuto libertà di circolare all'interno dei Comuni, frequentando spazi e luoghi pubblici per diversi giorni senza che nessuno sapesse nulla sulla loro salute».
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