Dopo le tensioni dei giorni scorsi, culminate con i volti dei ministri dati alle fiamme dagli antagonisti di Torino al termine dello sciopero generale di venerdì, i toni tra governo e sindacati restano accesi. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ribadisce l'invito alla rivolta sociale, e il ministro Matteo Salvini apre un nuovo fronte con le sigle dei lavoratori. «Sono soddisfatto di aver garantito il diritto a viaggiare con i mezzi pubblici a milioni di italiani. Il mio impegno non cambia in vista di dicembre, quando si contano già 15 scioperi proclamati, fra cui uno generale fissato il 13 (guarda caso un altro venerdì) a pochi giorni dal Natale. Sono pronto a intervenire ancora, per aiutare i cittadini». Il ministro, forte del successo incassato in sede amministrativa con i giudici del Tar che hanno respinto il ricorso d'urgenza dei sindacati contro la precettazione, potrebbe firmare un nuovo provvedimento anche per la mobilitazione del 13 dicembre. Si tratta di un altro stop generale proclamato però questa volta dai sindacati di base, non dalle confederazioni generali Cgil e Uil.
Che continuano a rivendicare il successo della mobilitazione appena conclusa. Secondo il ministero della Pa invece allo sciopero generale di venerdì ha aderito appena il 5,57% dei dipendenti statali. Benché il dato sia parziale, perché riferito alla metà dei dipendenti pubblici, «certifica il fallimento di uno sciopero meramente politico che le nostre persone del servizio pubblico evidentemente non hanno condiviso - commenta il ministro Paolo Zangrillo - Continuiamo a lavorare nell'interesse dei cittadini e dei lavoratori italiani per lo sviluppo del Paese». Per il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara «l'adesione del comparto scuola è stata del 5,6%. I dirigenti scolastici che hanno aderito sono stati l'1.48%, i docenti il 5,55%. Sono dati che parlano da soli».
Secondo Landini invece quello «che arrivava da quelle piazze, piene dappertutto, è una cosa che era un po' che io non sentivo in quel modo lì, era la volontà delle persone di esserci e di partecipare». Il leader della Cgil torna sul suo concetto di rivolta sociale invocata davanti ai cortei: «Quando sono stato a Palazzo Chigi per la legge di bilancio ho regalato alla presidente del Consiglio L'uomo in rivolta di Albert Camus. Il senso di quel libro che fece grande rumore è rimettere al centro la libertà delle persone. Se la persona non si rivolta di fronte alle ingiustizie non esiste come persona, perché viene cancellato».
Toni criticati da Forza Italia, visto il clima nelle piazze degli ultimi mesi, segnate da scontri con la polizia e cartonati dei ministri dati alle fiamme da parte degli antagonisti: «I toni utilizzati dal segretario Landini, con riferimenti all'autoritarismo e alla rivolta sociale, rischiano di alimentare pericolose tensioni nel Paese. Dimostrando che il leader della Cgil, più che un sindacalista che ha a cuore gli interessi dei lavoratori, è in realtà un capo politico che esaspera il clima sociale», dice l'azzurro Raffaele Nevi. Anche per Maurizio Gasparri «continua a usare parole improprie. A forza di parlare di rivolta, trova degli epigoni che lo prendono alla lettera e continuano ad aggredire ed a ferire esponenti delle Forze di polizia».
A parlare di una «sinistra a trazione Landini» è Carlo Calenda, Azione, che attacca il Pd di Elly Schlein: «L'abbraccio con la rivolta sociale non meglio specificata di Landini, hanno portato il principale partito della sinistra su posizioni molto simili a quelle di Mélenchon in Francia».
Le sigle sindacali rimangono comunque divise, ancora di più dopo venerdì.
La Cisl non ha aderito alla mobilitazione e il segretario Luigi Sbarra, che ha rimarcato le distanze dalle posizioni dei colleghi incassando la reazione infastidita dello stesso Landini, ribadisce: «Lo sciopero generale è uno strumento nobilissimo che, secondo noi, va maneggiato con cura e responsabilità e per questo va usato solo per finalità sindacali e non, come spesso accade, per sostenere in maniera surrettizia iniziative politiche e partitiche».
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