Era un mastino della lotta alla mafia, un investigatore davanti al quale ai criminali tremavano i polsi. Oggi il generale Antonio Subranni, all'età di 90 anni, è un uomo stanco e provato e dopo tre lustri di accuse terrificanti ed ingiuste, sua figlia Danila, giornalista, si è fatta carico in questi anni di combattere questa battaglia al posto del padre e adesso ci tiene a dire la sua.
Perché è stata organizzata questa persecuzione contro tuo padre.
«Spregiudicati architetti di certi processi hanno utilizzato il peso del loro ruolo e il clamore mediatico per fare carriera e per rispondere a precisi disegni politici. Questa sentenza granitica è un provvedimento raro, l'annullamento senza rinvio, utilizzato solo quando l'errore di prospettazione dell'accusa è eclatante. Un grande risultato, possibile solo grazie al prezioso lavoro dei nostri valorosi legali, Cesare Placanica e Gianluca Tognozzi, in particolare a Placanica che ha saputo risarcire, con passione, pazienza e rara professionalità, i maltrattati lembi della verità. Così, oggi, la trattativa Stato-mafia, fiore all'occhiello persino di alcuni magistrati, diventa una Vergogna di Stato, di cui molti porteranno una indelebile macchia».
Sbagliavano in buona fede o malafede?
«Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza, carte alla mano, si aprirà una nuova pagina di storia, credo più difficile e amara rispetto a quella così tardivamente chiusa. Perché si potrà andare a fondo, anche col supporto di documentazioni, sui perché di questa tortura che ha coinvolto i combattenti dello Stato, le loro famiglie e non solo...Forse sarà possibile, finalmente, fare luce su chi sono o sono state le vittime non sempre evidenti, quelle vere, quelle finali di queste impostazioni».
Tuo padre si è sentito abbandonato e/o tradito?
«Mio padre non si è mai concesso questi pensieri. Non si è mai soffermato su queste riflessioni né ha consentito a noi, famiglia, di farlo. Si è difeso a testa alta, pagando in termini di salute e serenità. E pensando sempre a noi: mio fratello e io, infatti, svolgiamo lavori delicati e per noi l'onore è tutto. Non abbiamo mai sentito il bisogno che ci fosse restituito, perché non lo abbiamo mai perso. È un disagio che riguarda altri. Non noi, famiglia di Stato, come dico con orgoglio per rispondere a chi ci definiva così per offenderci. Tutto questo non è risarcibile».
Ti senti di escludere che esistesse una zona grigia?
«Questa sentenza ripristina una grande verità: è inconcepibile che chi combatte contro le mafie, si allei con le mafie».
Dopo la Cassazione finalmente si arrenderanno o andranno avanti?
«Saremo noi ad andare avanti, nel solco della Legge, fin dove è consentito. Poiché non ho il dono della dimenticanza, per me chi sbaglia, paga».
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