Da qui a fine anno la Procura di Bergamo chiuderà la complessa indagine che potrebbe toccare nomi eccellenti. Uno fra tutti il leader M5s Giuseppe Conte, ex ministri e membri del Cts. Sui capi d'accusa ci sarebbe un confronto serrato dentro il pool guidato dal procuratore Antonio Chiappani e dall'aggiunto Maria Cristina Rota. L'indagine potrebbe colpire anche l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, ex dirigenti della Sanità, alcuni amministratori locali come il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il governatore della Lombardia Attilio Fontana, come già anticipava il Giornale nell'aprile 2021. In tutto una ventina di persone, scrive ieri il Corriere della Sera edizione di Bergamo.
Tutto ruota intorno al «nesso eziologico» tra la mancata chiusura della zona rossa tra Alzano e Nembro, focolaio che ha impestato prima l'Italia poi l'Europa, almeno stando alle conclusioni dell'Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Chi doveva chiudere la Valseriana? Il governo, come dice il decreto legge del 23 febbraio 2020? Il presidente di Regione? I sindaci, come già successo a Codogno? Quante persone si potevano salvare? Statisticamente dalle 2.700 alle 4.200 vite: i numeri arrivano dalla consulenza (teoricamente secretata) del professor Andrea Crisanti, perito della Procura passato al Pd. Per le rivelazioni sulla perizia ai giornali, che avrebbero fatto infuriare Chiappani, il senatore dem ora rischia l'indagine per violazione del segreto istruttorio. La responsabilità era di Fontana, come dice Crisanti, anche se le carte e i giornali dell'epoca raccontano altro? O dei sindaci Pd di Nembro e Bergamo, che invece non hanno mosso un dito a differenza di quello di Codogno, come documentava ieri il Giornale? La risposta è nelle migliaia di pagine di informativa attesa entro l'anno.
Sappiamo che Conte si rimangiò la decisione di chiudere la Valseriana già il 3 marzo 2020 e che le forze dell'ordine arrivate negli hotel di Verdellino e Osio Sotto il 6 marzo tornarono indietro. Il perché è coperto dal segreto militare opposto alla giornalista Manuela d'Alessandro dell'Agi, che si mosse con l'ok della Procura per scoprire i veri motivi della retromarcia di Conte. «Le zone rosse costano troppo, vanno usate con parsimonia», avrebbe detto l'ex premier, che qualche giorno dopo chiuderà l'Italia in un lockdown per qualcuno inutile: perché alcune mascherine farlocche, sdoganate allegramente con degli artifizi giuridici (soprattutto quelle dell'ex commissario all'emergenza Covid Domenico Arcuri) anziché fermare i contagi - già in atto da giorni, secondo il presidente Aifa Giorgio Palù già da settembre-ottobre 2019 - potrebbero averli amplificati.
A quanto risulta al Giornale il 3 marzo l'assessore alla Sanità lombardo Giulio Gallera chiede ai tecnici dell'Iss e a Speranza cosa fare nella Bergamasca, visti i numeri preoccupanti. Giovanni Rezza dice: chiudiamo. Silvio Brusaferro frena: vediamo. Il 4 Gallera dice: «Abbiamo chiesto al ministro Speranza quali orientamenti abbia il governo, siamo pronti a qualsiasi misura, anche le più rigide». Arriva il decreto che Conte non firma. Il governo, a furia di dar retta ai tecnici, si era fatto sfuggire la situazione di mano. Il resto è Storia. Poi c'è il tema del piano pandemico. Ce n'era uno, fermo al 2006, rimasto comunque lettera morta. Il report Oms che su questo inchiodava Conte e Speranza è stato fatto sparire dall'esecutivo. Si sarebbe potuto applicare, contrariamente a quanto decise il governo, sentito il parere del Cts? Non c'erano dispositivi di protezione, né retrovirali, né mascherine, come avrebbe dovuto prevedere il piano e come l'Oms chiedeva a fine gennaio.
Quelle che c'erano furono incautamente regalate da Conte e Speranza alla Cina, mentre nella Bergamasca i sindaci che andavano casa per casa senza protezioni a trovare i malati rischiavano la pelle. Toccherà ai pm il compito di costruire un capo d'imputazione contro Conte, Speranza e gli altri indagati che possa reggere tre gradi di giudizio. Al netto delle sentenze già emesse da qualche quotidiano.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.