Abbiamo un Parlamento «liquido», come dice Gaetano Quagliariello, e al centro c'è la palude pericolosa in cui rischia di stagnare il voto per il Quirinale. Silvio Berlusconi, candidato in pectore del centrodestra, scioglierà la riserva solo dopo aver contato i voti che può pescare in quest'acqua melmosa, facile a scivolare a destra o sinistra.
Forza Italia vuole essere unico centro liberale e moderato, ma il leader deve sentire suoi ex allievi, delfini, consiglieri, dire ora che vogliono occupare quella «terra di mezzo», come se gli azzurri fossero sfumati. «C'è bisogno di una grande forza liberale che parta dai territori, un po' come era nella Dc o nella FI delle origini, o come in Francia il partito gollista», spiegava Quagliariello all'iniziativa a Napoli di Cambiamo-Idea, sottomarca di Coraggio Italia di cui è vicepresidente. Su Repubblica sembra smarcarsi sul sostegno al Cavaliere, pur parlando di lealtà al centrodestra. Conviene con Enrico Letta sul «preservare il patto di legislatura e la figura del premier» e con la posizione di Matteo Renzi che chiede un candidato diverso da Berlusconi perché «fa cadere la pregiudiziale della provenienza di centrodestra». Al Colle vede più Mario Draghi che un Mattarella bis.
Anche il presidente di CI, Luigi Brugnaro spinge il premier (ma lui non è tra i 32 grandi elettori di CI), però al vertice di centrodestra ha chiesto con gli altri a Berlusconi di candidarsi. Però, non ha firmato l'impegno per il maggioritario, voluto da Giorgia Meloni. Una spaccatura che genera sospetti sulla formazione centrista, attratta dalla federazione liberale lanciata da Renzi anche per portare Draghi al Quirinale. A Napoli il renziano Davide Faraone insisteva sul mettere assieme le forze centrali e per Quagliariello «l'idea funziona». Solo tattica, per alzare il prezzo?
Al prossimo vertice della coalizione, forse giovedì, si vedranno i risultati del tavolo dei capigruppo dei vari partiti che sondano in particolare il variegato gruppo Misto, ma anche dem, renziani, 5S. Ad Arcore prevale un «moderato ottimismo» e la convinzione che «anche gli altri stanno lavorando per raccogliere consensi». Berlusconi, che oggi non andrà a Bruxelles per la commemorazione di David Sassoli e l'elezione del successore, non vuol fare un passo indietro, è sempre convinto di scendere in campo alla quarta votazione, quando scende il quorum. «Io ci credo, se gli alleati mi sostengono i voti escono», avrebbe detto. Quelli di CI, fanno notare nel suo entourage, per la metà devono il seggio a lui. «Come possono non votarlo? Michaela Biancofiore, per dirne una. O Quagliariello e lo stesso Toti». Il presidente della Liguria e cofondatore di CI all'iniziativa di Napoli confermava l'appoggio al Cav ma sottolineava il peso del movimento nell'ascesa di Draghi premier, concludendo: «La stessa cosa faremo per il Quirinale, mettendo da parte le ambizioni politiche di tutti per il bene comune». Al di là di giochi e protagonismi il gruppo potrebbe essere compatto, salvo poche defezioni.
Marco Marin, capogruppo alla Camera e cofondatore di CI, cita il documento approvato all'unanimità dai 32 grandi elettori con le caratteristiche del successore di Mattarella: «moderazione, riformismo, europeismo». Identikit che calza a pennello a Berlusconi. Per lui, «l'accordo per l'elezione deve partire da una proposta del centrodestra, del quale siamo parte integrante».
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