Il "nome forte" che il Partito democratico può spendere a Roma potrebbe essere quello di Roberto Gualtieri. Mancano pochi mesi alle elezioni Amministrative che vedrà città importantissime come Milano, Napoli e Torino essere chiamate al voto per rinnovare il relativo Consiglio comunale. Tra queste vi è anche la Capitale, un obiettivo a cui ambiscono tutte le forze politiche per costituire un vero e proprio asse di ferro con il governo centrale. Sui nomi tuttavia le carte sono ancora tutte coperte. Tranne per i 5 Stelle che, a meno di clamorosi ripensamenti, punteranno nuovamente su Virginia Raggi nonostante le divisioni interne al Movimento.
Dall'altra parte il centrosinistra e il centrodestra non hanno ancora individuato e ufficializzato una figura in grado di attrarre le preferenze degli elettori capitolini. Ma qualcosa in casa Pd pare si stia muovendo: nell'arco di 7-10 giorni, scrive La Repubblica, potrebbe essere annunciato il candidato sindaco dem. E la scelta potrebbe ricadere proprio sull'ex ministro dell'Economia, ritenuto un profilo ideale per prendere le redini della città dopo anni di gestione grillina. Gualtieri, sarebbe il ragionamento che fanno al Nazareno, potrebbe avere i requisiti per attrarre le simpatie dei pentastellati almeno al ballottaggio per vincere il braccio di ferro con il centrodestra.
Il timore di un flop
L'assalto del Partito democratico partirà tra qualche giorno e sembra ricadere su Gualtieri, visto come l'uomo capace di parlare con le istituzioni europee e di attirare le preferenze degli elettori sfiduciati dalla politica. "I romani sono stanchi, vogliono votare le competenze", fanno notare dal Pd. L'ex titolare del dicastero di via XX Settembre potrebbe addirittura far valutare il passo indietro a Carlo Calenda. Ma sullo sfondo c'è il timore di un flop elettorale. È vero che Gualtieri lo scorso marzo ha vinto le Suppletive del centro storico con oltre il 62%, ma confrontarsi su tutto il territorio comunale - considerando soprattutto le periferie - è cosa ben diversa.
L'alleanza implode?
Va inoltre considerata la sfera dell'alleanza giallorossa. Il segretario Nicola Zingaretti pochi giorni fa, nel corso della Direzione del partito, ha sottolineato che "il successo della formazione del governo Draghi dipende di nuovo dall'alleanza politica Pd, 5 Stelle e Leu" e che dunque "se tale alleanza fosse venuta meno, lo steso Draghi avrebbe sofferto politicamente". Una mossa per ribadire la centralità del'asse, magari da riproporre in chiave locale e nazionale.
Ma l'alleanza rischia subito di implodere. Il "sì" degli iscritti su Rousseau ha evitato solo momentaneamente lo psicodramma del Pd, con cui invece si potrebbe fare i conti proprio in occasione delle Amministrative.
Gli alleati si presenteranno davvero insieme nelle città chiave? Se no, che conseguenze avrebbe sul progetto di cui Giuseppe Conte ha provato a farsi promotore? Ma i dem pensano prima a ciò che sta accadendo in casa loro, con la linea di Zingaretti bocciata dagli esponenti. Il timore di un ritorno di Matteo Renzi e un congresso per mettere sotto accusa la segreteria preoccupano e non poco i piani alti del Nazareno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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