Intrappolato tra l'uscente Raggi e il candidato Calenda, il Pd non sa come uscire dal pasticcio romano.
Non che nelle altre città dove si voterà in autunno siano rose e fiori: la vagheggiata alleanza con i Cinque Stelle (che in verità alle scorse regionali provocò sconfitte ovunque si era presentata) non decolla, i candidati finora in pista non convincono, e la credibilità del mantra sulle primarie, rilanciato da Letta, si scontra con i rigori della pandemia, e con le possibili candidature extra-Pd a Bologna (Isabella Conti) e a Napoli (Gennaro Migliore e Antonio Bassolino) Ma il tappo che rischia di bloccare tutto è nella Capitale.
«Queste primarie sono una cosa loro. Come fai a dire che ci saranno le primarie se intanto lavori con Conte per il ritiro della Raggi e per una candidatura unitaria con M5s?», infierisce Calenda. Alzando così il sipario sull'imbarazzante tentativo in corso per far ritirare la disastrosa sindaca, che però è difesa da mezzo M5s e che comunque ha messo in chiaro che o le danno almeno un ministero oppure lei si ricandida. Rendendo impossibile, come le suggeriscono Di Battista e Casaleggio jr, la coalizione con il Pd. Ieri il Foglio riportava la promessa fatta da Giuseppe Conte a Letta: «Tranquilli, con Virginia ci parlo io». Peccato che nel Pd nessuno si fidi granché delle capacità di leadership dell'ex premier: «Mi pare che lì dentro non gli dia retta nessuno, figuriamoci quella lì», dice un esponente romano dem.
Al Nazareno sono però convinti che solo la fuoriuscita della Raggi possa aprire la strada alla possibilità di convincere a candidarsi Zingaretti, che - da gran sostenitore dell'alleanza con M5s - non scenderebbe mai in competizione contro uno dei loro. L'impasse è totale, il Pd romano non vuol neanche sentir parlare di un appoggio all'esterno Calenda (ipotesi che pure Letta inizialmente non aveva escluso), e l'ipotesi primarie - che allo stato vincerebbe l'ex ministro Gualtieri - è solo la via di fuga se tutte le altre si chiudessero.
«Vogliono fare le primarie tra correnti Pd? Scelta legittima, ma a questo punto le nostre strade si dividono», dice Calenda. I dem parlano di «autoesclusione», ma temono molto la capacità attrattiva del leader di Azione sul loro elettorato.
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