Le Pen avverte Barnier: "Ti giudicheremo dai fatti"

Proseguono le consultazioni del premier, che ora dipende dall'estrema destra

Le Pen avverte Barnier: "Ti giudicheremo dai fatti"
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L'equilibrismo messo in campo dal neo premier Michel Barnier non si sposa (per ora) con la nettezza espressa ieri da Marine Le Pen, leader di quel Rassemblement national attestatosi primo partito di Francia, per voti e deputati, eppure lasciato fuori da Matignon come l'altrettanto vincente sinistra di Mélenchon. Vista la scelta di Macron, sembra strano: ma è lei oggi, Le Pen, ad avere le chiavi della sopravvivenza di Barnier quando arriverà in Aula.

A capo di un governo ancora tutto da formare c'è infatti un neogollista (quarto partito alle urne). E seppure Barnier, 73 anni, abbia promesso indipendenza dall'Eliseo, per scrivere il programma sta passando dalla sua destra repubblicana attraversando il centro Modem ed estendendo l'alleanza alle tre compagini della «Macronie» (una delle quali strizza l'occhio alla gauche, freddina nelle consultazioni). Le Pen teme che alcune idee del neo premier, compatibili con quelle del suo Rn, possano essere accantonate.

Nella complessa opera di mediazione («A Bruxelles ho imparato la cultura del compromesso dinamico», ha spiegato il neo premier) ieri è arrivato l'avvertimento lepenista dal palco del feudo di Hénin-Beaumont: il governo sarà «giudicato dalle azioni», ha tagliato corto «BleuMarine». Niente partecipazione alla squadra, per i suoi. Ma il contingente di 126 deputati (142 con gli alleati di Éric Ciotti) l'ha messo «sotto sorveglianza».

Secondo Mélenchon, Barnier è frutto di una sorta di combine Le Pen-Macron. Non dispiace ai lepenisti sull'immigrazione, visto che alle primarie dei Républicains si era espresso per una moratoria. Ma «non sono la direttrice delle risorse umane di Macron», ha tagliato corto Le Pen, scrollandosi di dosso l'accusa d'aver concordato il nome. Ieri anche un ramoscello d'ulivo a Barnier: «Non sarebbe ragionevole un voto di sfiducia dopo il discorso di politica generale», ancora da calendarizzare. Le Pen lo ritiene «all'altezza delle aspettative su una serie di questioni non trascurabili». Ma la sua volontà di affrancarsi dalla Macronie è da verificare. Coerenza o piroette?

Il premier ha ricevuto ieri a Matignon i centristi e la destra macroniana di Horizons, guidata da Édouard Philippe. Aperture da entrambi. Promesse poche: il portafoglio francese piange e il debito segna cifre mai viste nella Quinta Repubblica. Tra rupture e rassemblement, la Francia è a un bivio. Le Pen annuncia che darà presto «linee rosse» per non «censurare» il governo che sarà. I sondaggi Ifop per il Jdd dicono che, in un'Assemblée frammentata come mai prima, il 74% pensa che sarà bocciato; il 52% si dice soddisfatto della nomina. Ieri allo Stade de France, Barnier era alla cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi.

Ha stretto la mano a Darmanin, ministro dell'Interno uscente che potrebbe rientrare, e si è soffermato a lungo con le forze dell'ordine. Segnali e messaggi: «Non sono qui per fare annunci o miracoli». Ma «pronto a servire con umiltà e determinazione».

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