Non è una partita facile. E manco bella. Non parliamo di Portogallo-Francia di ieri sera, ma dello scontro tra titolati giocatori della nazionale ed elettori francesi. Il punto è tutto qui. Quando Kylian Mbappé invita i francesi ad andare votare «per non mettere il paese nelle mani di quella gente» non spara a zero contro il Rassemblement National di Marine Le Pen, ma contro i suoi meno agiati concittadini colpevoli di esprimere un voto a lui sgradito. E lo fa forte non solo dello stipendio da 15 milioni a stagione garantitogli dal Real Madrid ma anche dalla convinzione di essere più ascoltato di tanti politici. «È urgente, bisogna andare a votare - strilla la punta dei bleues - non possiamo lasciare il nostro Paese nelle mani di queste persone, davvero. I risultati li abbiamo visti, è catastrofico. Spero che tutti si mobilitino per votare dalla parte giusta». Parole che spingono il partito di Jordan Bardella e Marine Le Pen a rispondere per le rime. «I francesi sono stanchi di ricevere prediche e consigli su come votare - spiega la leader - Mbappé non rappresenta i francesi con un passato da immigrati, perché sono molti di più quelli che vivono con il salario minimo, che non possono permettersi un alloggio e il riscaldamento, rispetto a persone come il signor Mbappé». «Io - replica dagli schermi televisivi il portavoce di Rn Laurent Jacobelli - non andrò certo su un terreno di gioco a dare consigli da allenatore, credo che ognuno debba rimanere al suo posto. Il campo giusto per Kylian Mbappé è la nazionale francese».
Ma quel che appare più stonato è il ruolo da militante delle banlieue assunto dall'attaccante. In fondo Mbappé ha poco da spartire con i figli delle periferie svezzati in quel brodo di cultura di droga, violenza, antisemitismo e fondamentalismo islamista in cui si formano i nemici dell'Rn. Lui è un devoto cristiano figlio di un allenatore di calcio del Camerun che non esitò a iscriverlo a una scuola privata dove s'insegnavano Padre Nostro e Ave Maria. E sua madre arriva da quella Cabilia algerina dove nei primi anni Novanta i fondamentalisti musulmani seminavano morte e distruzione. Dunque volendo essere fedele alle tradizioni familiari, religiose e nazionali il Paperone dai piedi dorati farebbe meglio a prendersela con Emmanuel Macron e quei politici che negli ultimi anni hanno abbandonato al loro destino i cristiani del Camerun e del Sahel. Per non parlare dell'impunità concessa ai jihadisti arrivati a minacciare e decapitare gli insegnanti dentro le scuole. Perché se mettesse la testa fuori dalla sua torre dorata Mbappé realizzerebbe che l'addio dei francesi alla sinistra tradizionale e alle élite macroniane è figlio non dell'ideologia di Bardella e Le Pen, ma dell'immigrazione fuori controllo, della paura della violenza e dalla perdita di potere d'acquisto sofferti dalle classi medie in giù.
Anche per questo Marine Le Pen rivendica di poter ancora «ottenere la maggioranza assoluta». Parole con cui vuole smentire non solo i calciatori prestati alla politica, ma anche i sondaggi che le assegnano un massimo di 205 seggi ben inferiore ai 289 indispensabili per la maggioranza assoluta. Certo le dichiarazioni non bastano a vincere, ma non è neanche detto che gli elettori ascoltino le parole di Mbappé e dei suoi ricchi colleghi Marcus Thuram e Ousmane Dembélé.
Perché a ben vedere questo trio di artisti della pedata quando si sposta al bar della politica non sa far di meglio che proporre l'antico e fallimentare catenaccio. O meglio quell'ammucchiata di centro e sinistra che forse fermerà Bardella e Le Pen, ma di certo non regalerà nulla di nuovo, nè di bello alla Francia e ai suoi elettori.
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