Die Farbe des Todes, cioè «Profondo rosso», era l'horror tedesco che più terrorizzava i mercati fino alla scorsa settimana. Le urne hanno invece scolorito, fino a non lasciarne più traccia, l'ipotesi di una coalizione di governo totalmente sinistrorsa. Cioè quella composta dalla triangolazione Spd-Verdi-Linke, con incorporato il rischio di una spremuta di tasse (patrimoniale compresa), stretta al mercato immobiliare, innalzamento del salario minimo e perpetuo sforamento dei conti pubblici. Pericolo quindi scampato, benché salutato dalle Borse senza troppe fanfare (Francoforte è salita solo dello 0,27% e Milano dello 0,63%).
La reazione fiacca segnala l'alea di profonda incertezza che circonda la formazione del nuovo esecutivo e la possibile riproposizione dello stesso scenario del 2017, quando ci volle un intero semestre per dare una guida al Paese. Con trattative che si preannunciano complicate, non è affatto improbabile che a Natale Angela Merkel addenti uno Stollen, il panettone tedesco, ancora seduta sul suo scranno, al Bundeskanzleramt.
L'incertezza non piace mai ai mercati, men che meno in un momento in cui la Germania è chiamata a decisioni cruciali. In linea teorica, il mese prossimo Berlino dovrebbe decidere se riportare, con il 2022, il bilancio nel solco dell'austerità dopo gli sforamenti eterodossi causati dall'emergenza pandemica. Si tratta di una scelta in grado di impattare anche sull'Italia: il «serrate le fila» contabile finirebbe infatti per creare pressioni sul ripristino del Patto di stabilità e condizionerebbe le scelte di politica monetaria della Bce, già costretta a rintuzzare gli attacchi dei falchi (Bundesbank e suoi sodali) che premono per una rapida rottamazione del Pepp, il piano di aiuti da 1.850 miliardi di euro.
Con il leader dei socialdemocratici, Olaf Scholz, uscito ridimensionato dall'esito elettorale rispetto alle attese della vigilia, non è ora scontato che la Spd prevalga. Potrebbe perfino finire all'opposizione, se si affermasse la cosiddetta coalizione «Giamaica» composta dai democristiani della Cdu, dai Verdi e dai liberali dell'Fdp guidati da Christian Lindner. Per il premier Mario Draghi, la peggiore delle soluzioni: Lindner è l'incarnazione del rigore teutonico, colui che intende ristabilire «nella sua pienezza» il Patto di stabilità, l'uomo che vede come il fumo negli occhi la conduzione lasca dell'Eurotower e i Paesi europei spendaccioni. Lindner rischia di essere uno scomodo ago della bilancia anche se andasse in porto l'intesa «semaforo» guidata da Spd, verdi e liberali, mentre sarebbe più favorevole per Roma una compagine di governo «Kenia» (nero-rosso-verde), in cui l'asse della maggioranza sarebbe inclinato a sinistra, seppure temperato dai cristiano-democratici che puntano a ripristinare il pareggio di bilancio.
Di fatto, con il «tramonto
rosso» (Spd-Verdi-Linke) rischia di sparire dal tavolo la proposta di rendere strutturale il Recovery Fund, nonché il proposito di attuare politiche fiscali espansive. Sostituiti dall'immarcescibile Deutschland über alles.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.