In periferia ragazzi perduti. E la cultura ha le sue colpe

I fatti di Caivano hanno fatto esplodere il problema delle criminalità minorile

La piscina dismessa a Caivano dove sarebbero avvenuti gli stupri
La piscina dismessa a Caivano dove sarebbero avvenuti gli stupri
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I fatti di Caivano hanno fatto esplodere il problema delle criminalità minorile. Il governo è intervenuto, non solo con i blitz delle forze dell'ordine, ma anche con un decreto legge finito subito sulla graticola della polemica. Davvero, come dice certa sinistra, o come si blatera sui social network, si tratta solo di repressione?

In realtà, le nuove norme toccano due punti fondamentali e ugualmente irrinunciabili. Primo. La certezza della pena e l'inasprimento delle norme non solo come punizione, primo passo verso la redenzione, ma anche come deterrente. Secondo. L'emergenza educativa. Non a caso, tra i provvedimenti, c'è il carcere fino a due anni per i genitori che non mandano i figli a scuola. L'istruzione è centrale. Ma l'educazione è qualcosa in più rispetto al faticare (benedetto) sui libri. I ragazzi devono sentirsi voluti, accolti prima dalla famiglia e poi dalla società. Si deraglia quando si perde il senso della nascita, vale a dire la consapevolezza di essere frutto dell'amore. Questo sentimento si può manifestare in molti modi, anche umili ma utili: la biblioteca di una scuola di Caivano, l'istituto Morano, esiste anche grazie ai libri donati dal nostro critico letterario Gian Paolo Serino ben prima che si scatenasse il caso mediatico (andate sulla sua pagina Facebook se volete contribuire). Forse il disagio giovanile non è stato valutato correttamente. Nelle periferie disumane prende piede la criminalità ma anche nel resto delle città, come dimostrano i terribili dati sugli adolescenti, si diffonde la disperazione. Tutto concorre a fare di noi uomini giusti o ingiusti. Per questo è importante capire in che direzione soffia il vento. I ragazzi sono catturati da uno stile di vita che non offre alternative, o correttivi, al materialismo, al consumo, alla merce. È un plagio esercitato con una violenza inedita perché capace di colonizzare i desideri e le fantasie. Il fascismo e il comunismo potevano darti un ordine, e rifilarti una manganellata o molto peggio, ma non riuscivano a entrarti nella testa. Oggi, invece, questa società con un orologio d'oro al posto del cuore mette l'adolescente davanti a un dilemma: prendere l'orologio, in qualsiasi modo, ed essere «qualcuno» o non prenderlo, ed essere un «fallito»?

Le colpe maggiori sono proprio della cultura.

Le sintetizzò, molti anni fa, Giovanni Testori: «Esaltazione del profitto e dell'oggetto come valori assoluti o, addirittura, religiosi; scatenamento meccanico e cieco del sesso, prima divinizzato, poi mercificato, quindi deturpato e distrutto; sadica cavalcata di violenze astratte e gratuite, dal fondo cupamente economico e perciò senza via alcuna d'uscita; destituzione d'ogni valore, d'ogni legge e d'ogni regola, come elementi a priori illibertari e castranti». Ecco, cosa hanno fatto gli intellettuali, se non alimentare questo mondo nichilista?

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