Investimenti per circa 25 miliardi di euro tali da generare un incremento del Pil tra l'1,5% e il 2% nei prossimi anni, creazione di nuovi posti di lavoro nell'edilizia e rafforzamento del tessuto sociale e occupazionale nelle aree industriali. Sono queste le principale ricadute, secondo alcune stime, del Piano Casa Italia che nella legge di Bilancio 2025 ha trovato una sua prima articolazione effettiva.
Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha recentemente ricordato come la manovra si muova lungo tre direttrici per garantire migliori condizioni ai lavoratori, soprattutto dal punto di vista dell'abitare. La prima è la detassazione dei fringe benefit fino a 5mila euro l'anno per i lavoratori che si trasferiscono a oltre 100 chilometri dalla propria residenza per accettare un nuovo impiego. La seconda punta a incentivare le imprese a costruire alloggi per i propri dipendenti, creando un modello strutturale per il futuro sulla falsariga di quello inaugurato nel secolo scorso da Adriano Olivetti. La terza direttrice coinvolge il patrimonio demaniale. Al termine di ulteriori ricognizioni assieme agli attori interessati potrà essere reso disponibile per investimenti in edilizia abitativa grazie alla collaborazione con fondi e soggetti privati.
È uno degli obiettivi che si propone la Cabina di regia recentemente insediatasi al Mef e coordinata dal sottosegretario Lucia Albano. Su circa 300 miliardi di euro di patrimonio immobiliare pubblico, ben 60 miliardi risultano inutilizzati. Cederli (e recuperare risorse per tagliare il debito) oppure riqualificarli per destinarli anche all'housing sociale sono due obiettivi che l'esecutivo si è posto. Secondo alcune stime, il patrimonio demaniale censito, utilizzabile per progetti abitativi, ha un valore di circa 6 miliardi. Investitori istituzionali con scopi di utilità sociale come Cdp e le Fondazioni bancarie potrebbero contribuire per una quota rilevante (come già hanno fatto in passato e continuano a fare), favorendo l'inclusione abitativa di fasce di reddito medio-basse.
Il costo della casa pesa fortemente sui lavoratori mobili. Le famiglie in affitto spendono in media il 32% del loro reddito per l'abitazione, con punte che superano il 40% nelle città industriali del Nord. Inoltre, il tasso di morosità nei canoni di locazione è cresciuto del 10% rispetto al 2022, mentre le rate scadute dei mutui rappresentano il 7% del totale a livello nazionale
Confindustria ieri attraverso Il Sole 24 Ore ha sollecitato una pronta attivazione del Piano Casa Italia, che intercetta una delle priorità politiche della presidenza di Emanuele Orsini. Si tratta di una strategia articolata in sei punti che includono la semplificazione normativa, la messa a disposizione di aree urbane e immobili pubblici inutilizzati, e l'introduzione di strumenti di garanzia per sviluppatori e investitori istituzionali. Previsti anche incentivi fiscali come riduzioni dell'Imu per le imprese costruttrici e la detassazione per i rendimenti di risparmiatori e investitori.
Per accelerare i tempi, Confindustria propone un tavolo di confronto tra governo, enti locali, società partecipate e investitori.
I Comuni, infatti, sono i principali soggetti coinvolti in quanto proprietari delle aree demaniali che potrebbero essere utilizzate all'uopo. Milano è stato uno dei primi ad attivarsi, ma gli ostacoli della burocrazia potrebbero rallentare un percorso che risponde a una precisa emergenza per cittadini e imprese.
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