Ponte, 23 miliardi di Pil e 120mila posti di lavoro. "Più benefici che costi"

Uniontrasporti: 1 euro speso nella grande opera ne genera 1,2 e un extragettito di altri 10 miliardi

Ponte, 23 miliardi di Pil e 120mila posti di lavoro. "Più benefici che costi"
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«Posti di lavoro, Pil e maggiori entrate per lo Stato. Ogni euro speso per il Ponte sullo Stretto farà guadagnare 1,2 euro ma è la sinistra a dare i numeri sulla grande opera che, parola di Matteo Salvini, convincerà anche i più scettici. È l'analisi costi-benefici, condotta da Uniontrasporti con la consulenza tecnico scientifica di Openeconomics e svolta utilizzando le linee guida prescritte dall'Unione europea, a smontare le fake news sul Ponte, almeno rispetto all'impatto sui conti del Paese. Alla presenza del vicepremier leghista sono state snocciolate le cifre dello studio: il rapporto costi-benefici è di 1 a 1,2, solo durante la fase cantieristica l'opera creerà 23,1 miliardi di Pil e 36.700 posti di lavoro stabili, che alimenteranno le entrate fiscali con 10,3 miliardi complessivi. Obiettivo ambizioso, inaugurarlo nel 2032. Avrà un'unica campata centrale lunga 3,3 km, un'intuizione firmata William Brown, un impalcato largo 60,4 metri, torri alte 399 metri, 65 metri di altezza del canale navigabile e 6 corsie stradali e ferroviarie.

Il punto chiave del corridoio europeo «Scandinavo-Mediterraneo» avrà benefici diretti e indiretti non solo a livello regionale ma su tutto l'ecosistema economico e sociale, anche tenendo cioè conto di tutti i possibili parametri, con un «rischio economico» assolutamente non elevato (il 70%) ma comunque preso in considerazione. «L'opera coinvolge esperti di livello nazionale e internazionale», con un know-how che arriva da Usa, Giappone, Danimarca, Spagna e Francia, è il ragionamento di Michele Longo, Chief bidding and engineering officer di Webuild, la società che dovrà realizzare il Ponte, il cui costo definitivo dovrebbe essere pari a 13,5 miliardi come «valore aggiornato».

«Mi fa imbestialire chi dice che non si può fare il Ponte perché lì ci sono mafia e 'ndrangheta, che ahimè non hanno confini», sottolinea Salvini. Su questo - sembra paradossale - è d'accordo anche il leader di Magistratura democratica Stefano Musolino («la ndrangheta non può essere usata come pretesto per bloccare lo sviluppo della Regione», aveva detto settimane fa durante un evento), ma il problema dell'infitrazione delle cosche c'è eccome. Tanto che secondo Dario Lo Bosco, presidente di Rete ferroviaria italiana, «l'opera non solo stimolerà la crescita economica, ma contribuirà anche a garantire la legalità nei cantieri, un aspetto fondamentale per il successo del progetto». «Uno Stato serio deve fare infrastrutture soprattutto dove c'è criminalità per sconfiggerla, creando 120mila posti di lavoro, diretti e indiretti, rendendo più difficile la tentazione di cadere in mano a camorristi, mafiosi o 'ndranghetisti», è la ricetta del vicepremier, convinto che il Ponte «sarà un acceleratore anche per contrastare la siccità» grazie ai desalinizzatori previsti dal progetto. Vallo a dire agli ambientalisti, che ancora ieri con Angelo Bonelli incredulo per l'accelerazione blaterano di «numerose osservazioni e richieste di integrazione al progetto, come i monitoraggi sismici più approfonditi» e accusano l'organismo tecnico Cipess che dovrà dare l'ok in cui non ci sono professionisti seri o esperti ma «un professore di ginnastica, avvocati, designer e un progettista di concessionarie di auto». «La percezione negativa che circonda il progetto va superata», ripete l'amministratore delegato di Webuild Pietro Salini, come le paure infondate messe in giro dagli «esperti di terremoti comparsi su Instagram».

«Le rilevazioni sismiche le abbiamo fatte, lo abbiamo detto tantissime volte, le torri non poggiano su faglie attive con potenziale sismogenetico» sottolinea ancora una volta l'Ad di Stretto di Messina Pietro Ciucci. «Tecnicamente non ci sono motivi ostativi ma siamo fra i pochi Paesi che fanno ideologia anche sulle opere pubbliche», è l'amaro commento di Salvini. Ma con la magistratura sarà comunque battaglia: «È l'unica opera non partita e già indagata, perché a Roma c'è un'indagine contro ignoti... eppure credo di sapere chi sia», sottolinea il leader leghista, indicando se stesso.

I tempi sono legati all'approvazione del Cipess, la legge dice entro il 31 dicembre 2024 e quindi il 2025 sarà l'anno della prima attività, ma nei corridoi del ministero si mormora che il primo mattone verrà messo a fine dicembre, proprio quando a Palermo si deciderà il destino di Salvini per il caso Open Arms. In attesa di una guerra di carte bollate e del solito Popolo dei No pronto a sciamare sullo Stretto. Come se, ancora una volta, sviluppo e giustizia debbano per forza essere su due sponde opposte.

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