Niente ramoscelli d'ulivo o concessioni indulgenti. Nessuna mano tesa per uscire dal tombino in cui ci si è ficcati: il premier Mario Draghi parla in conferenza stampa, dopo l'incontro con i sindacati, con tutto il mondo politico appeso al video da Palazzo Chigi, mette sul piatto un «corposo» quanto «necessario» intervento su cuneo fiscale, potere d'acquisto e salari minimi da realizzare entro luglio, concedendo con soave ironia che «se questo coincide anche con l'agenda di Conte bene, ne sono contento e forse pure lui».
Per il resto, si limita a fare una fotografia realistica della situazione e a mandare un chiaro richiamo alle proprie responsabilità ai naviganti senza bussola della sua maggioranza, e dintorni sindacali. «Con gli ultimatum il governo non lavora, e se non può fare le cose che deve fare non ha più ragion d'essere». E ci si tolga dalla testa (anche al Quirinale, ove mai vi sia stato) il velleitario sogno di un Draghi bis senza un pezzo o l'altro: «Rinvio alle Camere se M5s non vota la fiducia giovedì? Chiedetelo al presidente della Repubblica: per quanto mi riguarda, non c'è un governo senza il partito 5S, e non c'è altro governo Draghi dopo l'attuale».
Conte decida: gli psicodrammi interni dei grillini non riguardano Palazzo Chigi, né Draghi è interessato a sapere quanti di loro voteranno o meno il Decreto Aiuti. Gli interessa sapere che indicazione di voto darà il leader: pro (come alla Camera, sulla fiducia) o contro il governo? Se sarà contro, si prenderà atto che il governo è finito: in mano a Giuseppe Conte, insomma, finisce non un cerino ma una torcia in fiamme. Decida lui che farne. E ce n'è anche per il chiassoso Maurizio Landini che, mentre Cisl e Uil plaudono al «corposo intervento» sul potere d'acquisto e sui salari promesso dal governo, prova a mettersi di traverso lagnandosi che ancora non ha visto il cammello. Ma viene avvertito dal Pd, che con il ministro Orlando e con il responsabile Misiani celebrano l'impegno di Draghi per un «patto sociale» per i lavoratori: «Ora come fa Landini a tirarsi indietro?», dicono dal Pd. E ce n'è pure per il confusionario Matteo Salvini che -inseguendo Conte - già presenta liste della spesa, chiede scostamenti di bilancio (esclusi seccamente dal premier), «azzeramento» della Fornero (tutti in pensione subito, a spese di figli e nipoti) e abolizione delle tasse, alè: «Lo dico a chi per settembre minaccia sfracelli e cose terribili: se si ha la sensazione che sia una tremenda fatica e una sofferenza stare in questo governo, lo si dica chiaramente», dice Draghi. Nessuno vi obbliga, insomma.
Perché un conto sono «le fibrillazioni politiche» di questi giorni, durante le quali il governo ha continuato comunque a lavorare e produrre risultati. Un altro è pensare di andare avanti a colpi di ricatti, perché allora l'esecutivo ne prenderà atto.
Nei Cinque Stelle parte il panico: che fare? Alcuni si precipitano a plaudire alle «aperture» di Draghi: «Sul salario minimo annuncia provvedimenti», esulta Carlo Sibilia. Conte frena: «Niente opinioni personali, il momento è delicato, decideremo oggi». Comunque vada, è destinato a perdere un pezzo dei suoi, e si sta arrovellando su come non perdere anche la faccia.
Il leader dem Letta, che ha incontrato Draghi prima della conferenza stampa, dà manforte al premier e convoca i suoi per oggi pomeriggio, dopo la riunione 5S: la torcia è in mano a Conte. Ma il timore che Draghi si sia «veramente stufato» del balletto irresponsabile della maggioranza è forte: «Così salta tutto», sospira un dirigente Pd.
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