Cresce il pressing dell'Onu sulla richiesta di un cessate il fuoco umanitario immediato a Gaza ma si scontra contro il muro di Usa e Israele, nonostante la forte pressione del segretario generale Antonio Guterres. Mentre a Washington un gruppo di ministri degli Esteri di Paesi arabi incontra il segretario di stato Antony Blinken e rivolge un appello agli Usa di premere per la tregua. «Crediamo sia assolutamente necessario porre fine subito ai combattimenti», ha detto il capo della diplomazia saudita, il principe Faisal bin Farhan, a nome di tutti i colleghi. Al Palazzo di Vetro di New York, tuttavia, gli Stati Uniti hanno bloccato di nuovo l'azione del Consiglio di Sicurezza: «Sosteniamo fermamente una pace duratura, in cui sia israeliani che palestinesi possano vivere in pace e sicurezza, ma non sosteniamo le richieste per un cessate il fuoco immediato», ha spiegato il vice ambasciatore americano Robert Wood, sottolineando come «ciò non farebbe altro che gettare i semi per la prossima guerra, perché Hamas non ha alcun desiderio di vedere una pace duratura e una soluzione a due Stati».
Il Cds ha rimandato più volte il voto sulla bozza di risoluzione preparata dagli Emirati che chiedeva il cessate il fuoco umanitario a Gaza, oltre alla protezione dei civili, il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi ancora detenuti da Hamas e l'accesso umanitario alla Striscia. Ma al termine di una giornata al cardiopalmo, gli Usa hanno posto il veto (il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il no di Washington e l'astensione di Londra) affermando che si tratta di un documento sbilanciato, che non condanna gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e non menziona il diritto di Israele a difendersi. «La gente di Gaza guarda nell'abisso. La comunità internazionale deve fare tutto il possibile per porre fine a questa dura prova. Esorto il Consiglio a non risparmiare alcuno sforzo e spingere per un cessate il fuoco umanitario immediato, per la protezione dei civili e per la consegna urgente di aiuti salvavita. Gli occhi della storia stanno guardando, è tempo di agire», è stato l'appello di Guterres, evocando nuovamente una «spirale da incubo umanitario» e affermando che «nessun posto a Gaza è sicuro». Il segretario generale ha poi sottolineato che «la brutalità perpetrata da Hamas non potrà mai giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese. Siamo tutti consapevoli che Israele ha iniziato la sua operazione militare in risposta agli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre», ha ricordato allo stesso tempo, condannando «senza riserve questi attacchi» e dicendosi «sconvolto dalle notizie di violenza sessuale».
L'ambasciatore israeliano Gilad Erdan, tuttavia, ha ribadito per l'ennesima volta che quello che può portare la pace a Gaza «non è assolutamente il cessate il fuoco ma l'eliminazione di Hamas, unico responsabile per la situazione umanitaria» nella Striscia. Da Tel Aviv, intanto, il premier Benyamin Netanyahu ha commentato su X l'affermazione del premier palestinese Mohammed Shtayyeh, il quale nei contatti con l'amministrazione Biden sulla futura gestione di Gaza, non ha escluso un ruolo di Hamas insieme all'Anp.
«Non ci sarà Hamas, la elimineremo - ha scritto - Il solo fatto che a proporlo sia l'Autorità nazionale palestinese non fa che rafforzare la mia visione politica: non è la soluzione». Mentre Hamas si unisce al coro di voci che chiedono al Cds Onu di porre fine alla «guerra brutale a Gaza prima che sia troppo tardi».
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