Prodi ha buona stampa: nascosta la scenata in tv

L'inviata maltrattata dal padre dell'Ulivo scompare dalle cronache. Nessun accenno ai "capelli tirati". Stasera video integrale su Rete 4

Prodi ha buona stampa: nascosta la scenata in tv
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Il top del minimalismo è Repubblica. Nell'edizione on line titola: «Ventotene, Prodi si arrabbia con una giornalista. Che cavolo mi chiede? Il senso della storia ce l'ha?».

Nessun accenno alla versione dell'inviata di Quarta Repubblica: «Mi ha tirato una ciocca di capelli». Nulla di nulla, anche se il tono dell'ex presidente del Consiglio è francamente inaccettabile. Lavinia Orefici, come raccontato ieri dal Giornale, pone domande su Ventotene e soprattutto legge un passaggio del celeberrimo manifesto. Prodi perde le staffe, la sbeffeggia, addirittura la tocca. «Mi ha tirato una ciocca come fossi un asino», ha spiegato lei al Giornale. Stasera , fra l'altro, «Quarta Repubblica» su Rete 4 mostrerà il video integrale del «contatto» fra l'ex premier e l'inviata del programma di Nicola Porro.

Intanto è facile immaginare, in un gioco di specchi, cosa sarebbe accaduto se a fare la denuncia fosse stata una cronista di qualche foglio o schermo progressista. Oggi tutti i quotidiani e le tv parlerebbero di aggressione sessista, o magari, più banalmente di una donna umiliata nel suo lavoro. Come in effetti è accaduto, perché il video documenta il disprezzo dell'inventore dell'Ulivo verso la giornalista.

Si possono fare diverse ipotesi, senza cadere nel tranello del vittimismo e nella trappola infantile del complottismo, ma la sostanza è che i giornali hanno liquidato l'accaduto in una manciata di righe, quando non l'hanno ignorato. O, addirittura, hanno descritto solo l'ira di Prodi che avrebbe potuto argomentare con pacatezza, spiegando che Altiero Spinelli e Ernesto Rossi in quel drammatico 1941 erano confinati a Ventotene e dunque non avevano tutti gli strumenti critici oggi a nostra disposizione.

La grande stampa dunque si schiera con Prodi, catalogando il battibecco come irrilevante o, peggio, prendendo per buona, senza alcuna verifica, la versione del professore.

In verità il Corriere della sera, che pure dedica alla lite un minuscolo box, affianca le due voci: «Prodi e la lite con la giornalista. Io strattonata, Non è vero». Più in generale, niente seguiti. Niente analisi, affidate a intellettuali sempre pronti a stracciarsi le vesti. Per trovare traccia dell'alterco, peraltro avvenuto davanti a una selva di telecamere e taccuini, occorre munirsi della lente di ingrandimento. Trafiletti. Nessuna firma a intingere il pennino nell'indignazione o, almeno, in una citazione del Galateo. E neppure si ascolta qualche intervento dei sempre bollenti spiriti del sindacalismo, a garanzia e tutela del quarto potere.

Calma piatta, nulla o quasi da segnalare, solo un puntino insignificante sui radar dell'informazione.

Il Fatto Quotidiano, sempre on line, scivola dalla parte di Prodi e vede la lite con i suoi occhi: «Il litigio fra Prodi e la giornalista di Quarta Repubblica su Ventotene: Ma che cavolo dice? Ce l'ha il senso della storia?».

I capelli non ci sono. Anzi, se si va avanti, si scopre che Romano Prodi «si accalora quando gli leggono il passaggio sulla proprietà privata». Quello che gli fa perdere le staffe. Con parole e gesti sopra le righe. Del sessismo, sempre evocato, questa volta non c'è traccia. Al sessismo, semmai, fanno riferimento i politici di centrodestra che intervengono a caldo, nella serata di sabato, dopo aver letto i lanci di agenzia: Matteo Salvini e Giovanni Donzelli, anzitutto.

Ma questo, si osserverà, fa parte della liturgia del Palazzo. In controtendenza, invece, Open: «La giornalista di Mediaset contro Prodi dopo la lite su Ventotene: Mi ha tirato i capelli. Uno shock». Il politically correct non si scompone. Silenzi. Amnesie. Qualche sbadiglio. Il piccolo ma sorprendente show di Prodi è seminascosto. Mimetizzato.

Non vogliamo ingigantire i fatti e abbiamo il

senso delle proporzioni. A maggior ragione in un sabato denso di grandi avvenimenti. Dalla salute del Papa alla guerra in Ucraina. Non esageriamo. Ma certa retorica contro il maschilismo oggi appare ancora più indigesta.

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