Tanti e tanti anni fa, in un futuro remoto, che negli archivi dell'umanità è segnato come 1977, Akira «Leiji» Matsumoto immaginò il tempo verso cui ci stiamo inoltrando. Non era un sogno, ma una disgraziata distopia. La speranza era un capitano con una bandiera nera e un'astronave battezzata Arcadia.
Non ci sono più confini e neppure ricordi, ogni luogo si ripete senza alcuna differenza, prototipo dopo prototipo, e intorno è deserto. Quella che chiamano globalizzazione è arrivata al suo limite estremo e le risorse, dopo decenni di sfruttamento, sono ormai esaurite. Per sopravvivere si va a colonizzare altri pianeti, da depredare, scarnificare. È lì che vanno inviati tutti quelli che si muovono in direzione ostinata e contraria. La Terra è sotto il controllo di un governo centralizzato, dove i «migliori» non sono affatto illuminati. È una oligarchia miope e meschina, che giustifica il suo potere riproducendo norme su norme che puntano a regolamentare ogni aspetto della vita quotidiana. Non credono a nulla se non all'ossessione del potere per il potere, sostenuto dalla ricerca di un consenso ridanciano, così perbenista da risultare volgare. A votare va solo chi ha qualcosa da guadagnarci, una minoranza di clientes che tiene in piedi una democrazia vuota. Il lavoro non è più una preoccupazione. Lo fanno le macchine e buona parte della popolazione sopravvive grazie a un reddito universale, distribuito da una burocrazia grassa e capricciosa. Non ci sono più sogni, ideali, scopi da raggiungere. È una esistenza svogliata e pigra, dal divano alla mensa. L'importante è fare finta di essere sani, mostrando una illogica allegria. Se qualcuno prova dispetto o fastidio viene sedato da onde ipnotiche, simili a quelle che David Foster Wallace racconterà in Infinite Jest, diffuse da un carnevale di brevi video che si ripetono senza sosta. Chi si ribella al pensiero certificato viene considerato pazzo o fuorilegge. Tra questi c'è Capitan Harlock, anarchico, con una vocazione alla solitudine, che mette insieme una ciurma di cani sciolti. Sull'Arcadia salgono gli ultimi eroi del disincanto, gente che si ostina a salvare un mondo che non lo merita. Lo fanno per i morti, per quelli che non ci sono più, per un romanticismo da cappa e spada, perché nonostante tutto inseguono un ideale, per testardaggine o vendetta, per non lasciargliela vinta. Fino alla morte, come ricorda quel teschio sulla bandiera nera. Quando sulla Terra arriva un meteorite che nasconde l'invasione di una colonia di amazzoni, che ti dissolvono lo spirito, comincia l'avventura.
È una storia che entra nella testa di un ragazzino di undici anni e lo segna come un imprinting. È il 1979. La Rai ne acquista i diritti e lo manda in onda per meno di un anno. Qualcuno poi si accorge che è quasi sovversivo e lo oscura per «evidenti ragioni politiche». Resta quella sigla da canticchiare invecchiando: il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà. È la difesa di un mondo e di un tempo che non c'è più, dove buongiorno vuol dire veramente buongiorno. È la disperata ricerca di un futuro profondo, così profondo da non rinnegare se stessi.
È l'universo di «Leiji» Matsumoto, un conservatore che sogna il futuro e che nelle sue opere, da Galaxy Express 999 a La corazzata Yamato, racconta la resistenza degli individui contro le masse.Matsumoto se ne è andato, di nascosto, a 85 anni, il 13 febbraio 2023, al confine della sua profezia, guardandola negli occhi. Buon viaggio.
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