Protezione speciale. Sarà una voragine per le casse statali: duecento milioni in appena 15 mesi

Più che un provvedimento legislativo è una piaga sociale che prosciugherà - solo per il 2022 e i primi tre mesi del 2023 (15 mesi e mezzo in totale) - quasi 200 milioni di euro

Protezione speciale. Sarà una voragine per le casse statali: duecento milioni in appena 15 mesi

Più che un provvedimento legislativo è una piaga sociale che prosciugherà - solo per il 2022 e i primi tre mesi del 2023 (15 mesi e mezzo in totale) - quasi 200 milioni di euro. Parliamo della «protezione speciale», il provvedimento legislativo varato nell'ottobre 2020 dall'esecutivo di Partito democratico e Movimento Cinque Stelle che l'attuale governo di centrodestra promette di rivedere. Una decisione che dem, grillini e difensori dell'accoglienza senza limiti paragonano ad un'autentica violazione dei diritti umani. In verità - a guardarlo dal punto di vista dei «diritti» - il problema è esattamente l'opposto. In Italia da tre anni assistiamo alla diffusa e incontrollata concessione di un «diritto» alla protezione che nessun altro paese Ue si sogna di concedere ai migranti irregolari. L'altro problema, ancor più serio è che quei diritti costano e gravano sul bilancio dello Stato e sulle tasche dei contribuenti. La protezione internazionale è, infatti, uno degli escamotage più utilizzati per garantire la permanenza nel nostro paese di migranti che altrimenti dovrebbero venir rimpatriati. I dati del Ministero dell'Interno parlano chiaro. Nel 2022 le Commissioni Territoriali hanno risposto alle 59mila pratiche di accoglienza presentate dai migranti concedendo la protezione speciale al 19 per cento dei richiedenti, riconoscendo il diritto d'asilo al 25 per cento e negando qualsiasi protezione al 56 per cento. Insomma nel 2022 la protezione speciale ha garantito un permesso di soggiorno biennale a 11mila 210 migranti. Per l'anno in corso la tendenza è ulteriormente in salita. A fronte di 19mila decisioni valutate al 14 aprile i dinieghi sono saliti al 63 per cento dei casi è il riconoscimento del pieno diritto all'asilo ha riguardato solo il 17 per cento delle richieste. Nel 20 per cento dei casi (circa 3800 soggetti) il permesso di soggiorno è stato ottenuto in virtù della protezione speciale. Nei 15 mesi intercorsi tra il primo gennaio 2022 e il 14 aprile 2023 la protezione speciale ha dunque garantito un biennio di permanenza in Italia a 14mila soggetti privi, in base alle norme europee, di qualsiasi requisito sull'asilo. Al termine di quel biennio però - a differenza di quanto promesso nel 2020 da dem, grillini e organizzazioni umanitarie - la gran parte di quei 14mila «protetti» ben difficilmente avrà trovato un lavoro, e continuerà a pesare sui bilanci dell'accoglienza. I dati parlano chiaro. Nel 2022 solo il 5,25 dei migranti a cui era stato rilasciato un permesso di soggiorno in base alla protezione speciale ha trovato un occupazione. Così, alla fin dei conti, quasi 13mila soggetti - pari al 95 per cento dei soggetti rimasti nel nostro paese in virtù della protezione speciale - finiranno con allargare quell'esercito di 117mila migranti in accoglienza per cui già spendiamo un patrimonio. Anche in questo caso i costi sono presto fatti. Se quei 13mila finiranno nella rete della Sai (Sistema accoglienza ed integrazione) - dove ogni migrante costa 42 euro al giorno per complessivi 15.

330 euro annui - allora l'esborso suppletivo per mantenerli sarà di oltre 199 milioni di euro. Una bella botta destinata ad aggiungersi agli oltre 807 milioni che, in base alle stime del Ministero dell'Interno, spenderemo quest'anno per l'accoglienza di 54mila 446 richiedenti asilo.

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