Mario Draghi ha portato a Palazzo Chigi la comunicazione istituzionale che mancava da molti anni. Il presidente del Consiglio non ha i social, pertanto non ha un team comunicativo dedicato come c'era ai tempi di Giuseppe Conte. La strategia di Rocco Casalino aveva contagiato ministri, viceministri e sottosegretari ma anche i parlamentari di tutti gli orientamenti. Ora, il silenzio istituzionale di Mario Draghi si prevede influenzerà allo stesso modo, anche se non sarà facile tornare indietro. Per il momento, ministri a parte, non si notano particolari differenze e non ce ne sono nemmeno dal punto di vista della cura che viene posta nella costruzione dei messaggi. Quelle che prima erano le note stampa, o le agenzie, oggi sono diventati comunicati social redatti dagli uffici stampa ma spesso sono causa di scivoloni imbarazzanti, come è accaduto oggi a Beatrice Lorenzin.
Nel giorno dell'agguato in Congo, forse per la fretta di mettere la propria firma, l'ex ministro della Sanità, nonché deputato del Partito democratico, ha pubblicato un tweet discutibile. "Mi stringio attorno alle famiglie dell'ambasciatore Luca Attanasio e del giovane carabiniere", ha scritto Beatrice Lorenzin. L'errore ortografico all'inizio del tweet è ben evidente. Che si tratti di un refuso o di un inciampo linguistico non è dato saperlo. Fatto sta che questo non è l'errore più grave compiuto dalla deputata. Beatrice Lorenzin può essere anche sollevata da questa "colpa", perché è probabile che il tweet non lo abbia scritto lei ma il suo social media manager o, comunque, qualcuno del suo entourage. Può essere vero anche il contrario, però, ossia che la deputata abbia preparato il tweet e lo abbia inviato a un addetto dello staff incaricato alla pubblicazione.
La certezza che ci sia stato un passaggio intermedio tra la nascita del messaggio di cordoglio e la pubblicazione del tweet ce la fornisce proprio Beatrice Lorenzin, in uno dei più comuni errori che avvengono in questi casi. Dopo la parte che abbiamo già riportato, e in riferimento al "giovane carabiniere", nel messaggio si apre una parentesi tonda: "(metti il nome)". Chi ha scritto quel messaggio non è la stessa persona che lo ha pubblicato, è evidente, e non conosceva il nome del militare caduto.
Chi è stato incaricato di condividere il tweet, però, non ha prestato la dovuta attenzione e il risultato è stato un messaggio che sottolinea l'approssimazione comunicativa di certa politica anche in un messaggio così importante e di cordoglio. E allora gli rendiamo giustizia noi al giovane carabiniere Vittorio Iacovacci, mettendoci il nome.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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