Raid israeliani in Siria: i più violenti da anni. Hamas avverte: "Intesa o addio agli ostaggi"

Nord di Damasco, colpito un centro di armi chimiche: 25 morti. A Tel Aviv un arresto per minacce alla madre di un rapito

Raid israeliani in Siria: i più violenti da anni. Hamas avverte: "Intesa o addio agli ostaggi"
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Israele anche stavolta non lo dichiara o ammette apertamente, ma gli analisti militari hanno pochi dubbi che a colpire ieri obiettivi militari in Siria sia stato l'esercito dello Stato ebraico. Il bilancio sarebbe di almeno 25 morti nel centro del Paese, tra cui soldati, agenti dell'intelligence, membri del gruppo filo-iraniano Hezbollah e di altre milizie legate all'Iran, oltre che alcuni civili. Si tratta dei «più violenti attacchi israeliani» che si ricordino contro la Siria negli ultimi anni, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, di certo i peggiori dall'inizio della guerra a Gaza.

Nel mirino sembra sia finito un centro di ricerca scientifica, sospettato di sviluppo di armi biologiche, chimiche e nucleari, e diverse strutture legate a Hezbollah, dicono i resoconti dell'Osservatorio, l'organizzazione con sede nel Regno Unito che dalla guerra scoppiata nel 2011 fornisce notizie sul Paese arabo attraverso fonti locali. L'agenzia di stampa statale siriana Sana ha riferito che le difese del regime «hanno affrontato un'aggressione in diversi punti nella regione centrale», nella provincia di Hama, nord di Damasco. Il ministro della Salute, Hassan al-Ghabbash, ha parlato di una «aggressione brutale e barbara». L'Iran è convinto che l'attacco ha mostrato come «i crimini del regime sionista non siano limitati ai confini della Palestina» e ha chiesto a chi sostiene Israele di smettere di armarlo, promettendo una «risposta diversa» ai cento droni lanciati, ma annunciati, ad aprile contro lo Stato ebraico, in risposta all'uccisione del leader di Hamas, Ismail Haniyeh.

È evidente che lo Stato ebraico cerchi ormai di combattere i suoi nemici legati all'asse della Resistenza su ogni possibile fronte. Hamas ha avvertito che gli ostaggi ancora nelle sue mani a Gaza dal 7 ottobre «non vedranno la luce del sole» se il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, non accetterà l'accordo di cessate il fuoco proposto dalla Casa Bianca. Il leader centrista del partito israeliano Unità nazionale, Benny Gantz, ha detto al segretario di Stato americano Antony Blinken a margine di un forum sul Medio Oriente a Washington, che il mondo deve sostenere maggiore pressione militare su Hamas a Gaza. Il clima è teso sui rapiti tanto che un uomo è stato arrestato a Tel Aviv per aver minacciato on line la madre dell'ostaggio Gaza Matan, una delle più critiche con il governo.

Lo stop alle armi sembra un miraggio nella Striscia, le chance «pari a zero» dicono i negoziatori, sempre più pessimisti su Gaza, il cui conflitto ha dato origine all'impennata di attacchi anti-israeliani nella regione. Hezbollah ha rivendicato quello di ieri con due droni a Nahariya, in Galilea, che ha colpito un edificio residenziale, e i 50 razzi della notte precedente come risposta ai recenti attacchi dell'Idf in Libano.

Una raffica di altri 20 razzi è stata lanciata contro il nord dello Stato ebraico, senza provocare feriti. Il capo dell'Idf Herzi Halevi si dice pronto «per qualunque missione» al nord. In questo quadro desolante, oggi al Cairo la Turchia torna al vertice della Lega Araba dopo 13 anni.

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