Il referedum sulla riforma costituzionale si farà a ottobre. A confermarlo è lo stesso Matteo Renzi, smentendo così le voci di un ipotetico rinvio.
I tempi per indire il referendum
"Il Referendum ha dei tempi che non decidiamo noi, ci sono i tempi previsti dalla legge, da 50 a 70 giorni dopo la decisione della Cassazione", spiega il premier da Berlino dove si trova per incontrare Angela Merkel e Francois Hollande per discutere degli effetti della Brexit. La legge prevede che dalla presentazione delle firme, che dovrebbe avvenire presumibilmente il 15 luglio, la Cassazione abbia a disposizione 10 giorni per indire il referendum. Una volta espletato questo passaggio, il governo ha tempo 60 giorni per fissare la data del quesito referendario. Data che deve necessariamente cadere in una domenica compresa fra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo alla riunione del consiglio dei ministri.
I sospetti dentro la maggioranza
Il senatore costituzionalista Gaetano Quagliariello, però, corregge il premier e spiega: "Tra ciò che dice la legge e ciò che dice Matteo Renzi c'è uno spazio di discrezionalità di ben sessanta giorni che è nelle mani del governo e che il premier ha omesso di menzionare". Anche la minoranza è in subbuglio e non crede alle parole del premier. "Il referendum costituzionale non è come quello abrogativo: in quest'ultimo viene privilegiata la volontà dei cittadini di eliminare una legge. Nel primo, invece, si cerca di mettere al riparo la Costituzione da possibili modifiche. È prevedibile, quindi, che ci sia maggiore predisposizione a rinviare l'appuntamento con le urne", dicono dalla sinistra Pd. I renziani ribadiscono che "non ci sarà alcuno slittamento", ma anzi il Pd partirà già da luglio a fare campagna per il Sì. Per evitare di doversi dimettere, il governo potrebbe decidere di spacchettare i quesiti. "Incassando la vittoria su un quesito e perdendo su un altro, chi potrebbe dire chi sia il vincitore e chi lo sconfitto?", si chiedono i deputati della maggioranza.
Cosa succede se Renzi perde il referendum
Ma in caso di sconfitta “c'è solo il voto anticipato, nessuna alternativa di governo", rimarcano dalla maggioranza del Pd. E se si tornerà alle urne sarà solo con l’Italicum, sostengono i renziani ma i Cinquestelle sono scettici. E allora tocca al vice segretario, Lorenzo Guerini sottolineare che "c'è una legge elettorale che non è ancora stata testata. Non cambiamo la legge elettorale per un turno di amministrative". E aggiunge: “quanto accaduto in Spagna dovrebbe indurre a qualche riflessione: L'Italicum garantisce rappresentanza e governabilità". E su questo è lo stesso Renzi a parlare della Spagna come di un Paese ingovernabile che torna al voto dopo soli 6 mesi e aggiunge: “Fa pensare il fatto che all'inizio di questa legislatura utilizzassimo tra di noi come un benchmark positivo il sistema spagnolo, perché fino ad oggi aveva dato Governi e governabilità chiara; non ce l'eravamo inventato quando ne discutevamo, era un dato di fatto". Da più parti, però, arrivano richieste di modifica dell’Italicum.
I centristi ribadiscono la necessità di tornare al premio di coalizione e anche i franceschiani sembrano intenzionati a modificare la legge elettorale pur di fermare l’avanzata dei populisti che, dopo il referendum inglese, preoccupa alquanto molto gli ambienti della maggioranza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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