Il referendum e il cabaret di Renzi

In piazza il premier raccoglie solo fischi e contestazioni. E nei teatri mette in scena il solito cabaret per promuovere le ragioni del Sì

Il referendum e il cabaret di Renzi

Matteo Renzi chiude la campagna referendaria sul palcoscenico del teatro Cilea. A Reggio Calabria. Il posto più adatto al premier, almeno così sembrerebbe, dopo il suo comizio spettacolo (guarda il video). In sala centinaia di tesserati provenienti da tutta la regione, pronti a fare un selfie con Matteo che, però, scappa subito a Firenze. È lì che chiuderà realmente la faticosa campagna “elettorale”. L'aereo in sosta all’aeroporto dello Stretto (ormai verso il fallimento) scalda i motori. E i simpatizzanti, con le bandiere arrotolate e strette sotto l’ascella come il pane francese si allontanano dal teatro. Un po’ delusi. Avrebbero voluto scattare la foto da postare sui social e condividere domenica.

Arrivato in una Reggio blindata per l’occasione, e con la solita ora di ritardo, si è subito fatto scortare fino al teatro comunale dove, in realtà, lo aspettava solo una scontata truppa di suoi soldati. Yes-man che hanno addirittura fischiato l’intervento intelligente di una giovane che dissentiva con Renzi per la troppo superficiale esposizione dei motivi del si. "Non è così semplice…", ha detto a voce alta Alessia, dai balconcini del teatro, riferendosi al senato pensato da Renzi.

Renzi ha dato il meglio di se come show-man indossando il palcoscenico come fosse un proprio soprabito (guarda il video). Altro che Beppe Grillo, e oltre! Probabilmente l’area frizzantina dello stretto lo ha gasato oltremodo. Dalle imitazioni di Silvio Berlusconi ai duri attacchi a Matteo Salvini, per passare, subito dopo, ai grillini. Non ha risparmiato neanche uno.

Dei suoi non mancava nessuno; invece della sinistra dissidente nemmeno l’ombra. In prima fila Mario Oliverio, già bersaniano ma, attualmente, renziano.

Come si cambia, per non morire. Come si cambia per ricominciare… La Calabria stanca lo ha ignorato. A contestarlo, fuori dal teatro, solo un gruppo di cittadini che, a furia di gridare pagliaccio, hanno perfino perso la voce.

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