Milano. È il giorno dello scontro aperto. Dopo una settimana di braccio di ferro, dopo un ricorso e l'esame del Tar, alla fine la nuova ordinanza è stata firmata. La Lombardia torna «arancione», ma questo non è tutto, perché che in zona rossa purtroppo, c'è stata senza motivo. Per sei giorni ha subito restrizioni che non erano giustificate dai numeri.
Chi ha sbagliato dunque? Erano «sbagliati» i dati trasmessi da Milano o piuttosto l'uso che ne ha fatto il ministero? La questione non è solo di principio, anzi comporta una responsabilità che sarà anche molto pratica: il risarcimento dei danni patiti ingiustamente dai commercianti costretti alla chiusura. L'errore è costato alle imprese lombarde almeno 600 milioni di euro secondo Confcommercio Lombardia, 200 solo a Milano.
E la responsabilità viene rimpallata: i palazzi della politica di Milano e Roma non mai stati così lontani, lo scontro non ha mai raggiunto livelli così alti. Dopo le relazioni dei tecnici e i messaggi «cifrati», ieri sono scesi in campo da una parte il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, spalleggiato dalla vice Letizia Moratti (fresca di nomina), dall'altra il ministro della Salute Roberto Speranza (col suo apparato burocratico) supportato dal coro dei politici di sinistra, pronti a riattizzare l'attacco alla Regione «nemica», con tutto l'indotto polemico di richieste di dimissioni e di commissariamento.
La campagna ostile ha ripreso in grande stile ed è anche per questo che Fontana, ieri mattina, ha subito voluto mettere le cose in chiaro: «Ai professionisti della mistificazione, ribadisco ancora una volta che i dati richiesti alla Lombardia sono sempre stati forniti con puntualità e secondo i parametri standard». Più tardi ha convocato una conferenza stampa, dettata - come si è visto - anche dall'arrabbiatura per una narrazione anti-lombarda che ha rotto gli argini. «C'è sempre stata disponibilità verso il governo - ha detto - però fino a un certo punto: quando veniamo accusati ingiustamente non ci stiamo più». «Non riconoscerò mai un fatto che non è vero - ha scandito - non ammetterò mai che ci sia stato un errore nella comunicazione dei dati».
E c'è da dire che la Lombardia, in questa vertenza così complessa, qualche freccia al suo arco ce l'ha, come ha mostrato anche la ricostruzione della vicenda affidata alla vicepresidente e assessore al Welfare Moratti. «Mi sono insediata da una decina di giorni - ha premesso - e mi sono accorta da subito che c'erano dei dati non coerenti» ha detto. «Per questo - ha chiarito - avevo chiesto una sospensione dell'ordinanza di 48 ore per un confronto leale, tecnico, sulla zona rossa. Dal ministro non abbiamo avuto nessuna risposta». «Sarebbe bastata la volontà del ministro di sospendere l'ordinanza per 48 ore, in quelle ore avremmo capito». E in effetti l'argomento è difficile da contestare: il governo non si è accorto di niente, ha ostinatamente confermato i vincoli e non ha accettato un confronto nel merito dei dati.
Ma con la stessa ostinazione, Speranza, ha seguitato a dare la colpa alla Regione: «Avendo trasmesso dati errati - ha detto - ha successivamente rettificato i dati propedeutici al calcolo del Rt e questo ha consentito una nuova classificazione. Senza l'ammissione di questo errore non sarebbe stato possibile riportare la Regione in zona arancione. Questa è la semplice verità. Il resto sono polemiche senza senso».
Travolto ogni riguardo dettato dal fair play istituzionale, Fontana ha svelato anche il contenuto del messaggio cifrato ricevuto da Roma. «Il ministro pretendeva che dicessimo che c'era stato un errore nostro - ha tuonato il governatore - ma non potevamo accettarlo per la dignità della Regione».
Ma a questo punto, la risposta definitiva potrebbe arrivare
proprio dal giudice. «Non rinunciamo al ricorso al Tar, assolutamente - ha annunciato il governatore - Andiamo avanti e pretendiamo che la verità dei fatti venga acclarata in sede giudiziaria. Se c'è un errore non è nostro».
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