Si solleva il telo scuro, si scopre il simbolo che ha l'azzurro europeo e il giallo grano della martoriata Ucraina, e la scritta «Stati Uniti d'Europa». Sotto le vetrate avveniristiche della Lanterna di Fuksas, nel cuore di Roma, applaudono al disvelamento del marchio Emma Bonino e Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Riccardo Magi, il socialista Enzo Maraio e l'ex Pd Andrea Marcucci.
C'è «la sedia vuota» lasciata da Carlo Calenda, che «ha scelto la divisione, non ho capito perché», dice Bonino: le due liste ora si ritroveranno a competere sul filo del quorum sullo stesso elettorato. Ed è probabilmente la ragione per cui entrambi i leader, oggi avversari, dell'ex Terzo Polo non hanno ancora deciso se scendere in campo in prima persona o no.
Non lo ha deciso Calenda, ma neppure Renzi ha sciolto la riserva: certo, come dice dal podio della Lanterna, «non ci si candida se si sa che non si andrà in Europa per restarci: non si prendono in giro gli elettori come fanno Meloni e Schlein che utilizzano le elezioni Europee per fare un sondaggione sul proprio gradimento personale». Quindi «chi si candida poi deve restare lì». E però lui la tentazione la ha: «Gli piacerebbe - spiegano i suoi - sedersi al tavolo delle trattative europee» per provare ad essere «uno dei registi del Draghi bis», stavolta in Ue. Draghi, sottolinea il radicale Magi, che «è l'unico oggi a parlare di Europa in Ma «non ha ancora deciso», assicurano. Di certo non sarà tra i capolista («Neppure uno di loro è di Italia viva: non siamo qui a mettere bandierine o a chiedere un posto in più, ma per dire che a questo progetto crediamo», dice Renzi), che sono stati già indicati e sfilano sul podio: Emma Bonino, affaticata ma indomita, sarà nel Nord Ovest: «Mi è rimasto solo l'indice sinistro sano, ma metterò tutte le energie che ho e che non ho in questa bellissima avventura: questa non è la lista Bonino-Renzi, è una grande proposta politica che ha il proprio programma già nel nome. Gli Stati Uniti d'Europa erano un sogno per pochi, oggi sono una necessità per tutti», dice. E poi Giandomenico Caiazza al Centro: già presidente delle Camere penali italiane, alfiere delle battaglie per la «giustizia giusta» fin dai tempi del caso Tortora («Ancora sento l'odore di quell'aula di tribunale napoletana, in cui per la prima volta toccai con mano la sopraffazione giudiziaria») e trait d'union tra la storia radicale e il mondo renziano. E ancora la pannelliana Rita Bernardini, instancabile paladina della drammatica questione carceraria. E c'è anche un capolista «esotico»: il britannico Graham Watson, per 20 anni al Parlamento di Strasburgo come presidente del gruppo Liberale, poi tagliato fuori dal suicidio della Brexit, ora si candiderà nel Nord Est grazie alla cittadinanza italiana acquisita dalla moglie.
«Abbiamo fatto i
Radicali 2.0», scherza Renzi. «Ora però noi dobbiamo riuscire a metterci anche il voto cattolico e moderato». A cominciare da quello in fuga da un Pd che «ormai ha assunto dentro di sè il giustizialismo e il grillismo di M5s»
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.