I renziani sono in movimento. Per cosa, si vedrà. Il perimetro è quello dell'azione del governo di Mario Draghi, l'operazione è solo sussurrata ed i protagonisti potenziali sono molti. Due gli incontri che sono balzati agli onori delle cronache in questi giorni: quello tra Matteo Renzi ed il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, un summit già avvenuto, e quello tra il leader d'Italia Viva e Gianfranco Micciché che invece avrà luogo dopo le elezioni amministrative per stessa ammissione del politico siciliano.
Il deputato e coordinatore nazionale Ettore Rosato non ci gira troppo attorno: "Noi lavoriamo per dare continuità ad un'azione di governo che è quella più utile al Paese, cioè quella di Draghi", ci dice. Non lo chiama "partito di Draghi senza Draghi" o "partito del Pil", ma nei palazzi della politica le definizioni inflazionate sono quelle. Lo ha ben spiegato Adalberto Signore in un retroscena pubblicato nei giorni scorsi sul Giornale.
La strada non porta giocoforza ad una nuova creatura politica: ad interessare è la tutela del "draghismo", con tutto quello che ne consegue in termini di credibilità internazionale e di sostanza legislativa. La formula, in caso, verrà da sé. Il "come" è insomma relativo. "Lo facciamo - aggiunge Rosato - dialogando con chi ha una lettura analoga alla nostra. Obiettivi analoghi ai nostri". Però - facciamo notare - delle interlocuzioni ci sono state ed altre - facciamo presente - ce ne saranno: "Si vede che stiamo remando nella stessa direzione", dichiara il parlamentare renziano. Il centrismo è una zona del campo che richiama in maniera naturale una legge proporzionale. Rosato su questo glissa: "Fare le leggi elettorali è sempre complicato. Bisogna costruire un terreno di dialogo tra le forze politiche. Ne parliamo dopo l'elezione del Capo dello Stato".
Che qualcosa stia bollendo in pentola è palese. Il piatto ambito è il grande centro, una chimera inseguita da tutti e mai raggiunta. Almeno nel corso degli ultimi anni, cioè da quando il bipolarismo è stato messo in discussione da alcuni fenomeni atipici, come la comparsa sulla scena del MoVimento 5 Stelle, che per parte contiana avrebbe a sua volta il desiderio di occupare lo spazio nel mezzo. Giuseppe Conte, però, non è credibile come centrista. Un po' perché, nella sua variegata esperienza, ha già detto tutto ed il contrario di tutto, ed un po' perché, a ben vedere, virare al centro significherebbe lasciare campo libero ad altre operazioni sostitutive, come la ridiscesa in campo di Alessandro Di Battista, che è pronto a rianimare le piazze del "vaffa" e del populismo indefinito.
Capiamoci: se Conte fosse stato spendibile per una riedizione contemporanea della Democrazia Cristiana, la Conferenza episcopale italiana non avrebbe definito Mario Draghi "uomo della Provvidenza". Significa che anche le istituzioni cattoliche hanno fatto una scelta. Peraltro il neo leader pentastellato appare in confusione ideologica: l'ex premier gialloverde e giallorosso ha a sua volta avuto un'interlocuzione con il primo cittadino di Venezia. Centrismo, però, vuol dire garantismo, atlantismo e predisposizione alla dialettica: tutti elementi su cui Conte ed i grillini lasciano più di qualcosa per strada. Italia Viva, invece, può essere il perno attorno cui ruotano le prospettive di qualcosa di nuovo.
Elezioni amministrative, elezione del successore del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e legge elettorale: sono i tre scogli che separano lo scacchiere politico italiano dalla nascita di qualcosa di nuovo. Matteo Renzi stesso, commentando l'esito delle elezioni tedesche, ha detto quanto segue: "Per fare il governo saranno decisivi i centristi liberali ed i Verdi. Il nome del Cancelliere - paradossalmente - dipende da loro, più che dai grandi partiti.
la stessa cosa potrebbe accadere in Italia alle prossime politiche, se i riformisti sapranno giocare bene le loro carte". Non è detto che tutto si incastri, ma qualcuno sta lavorando affinché ogni pezzo vada al suo posto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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