Risveglio popolare nella terra di terrore e libertà

La Francia al voto: è un risveglio popolare e tutti corrono a votare, sensibilizzati perfino dagli influencer

Risveglio popolare nella terra di terrore e libertà
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Si sono svegliati presto e camminano senza fretta nelle strade che portano al voto. È l'ultima domenica di giugno e i francesi non si sentivano così da quasi una vita, con l'idea che questa volta ognuno di loro può avere un peso, lasciandosi alle spalle lo scetticismo che da troppo tempo condiziona le giornate elettorali. Forse sarà solo un'altra illusione, ma in tanti questa volta si sforzano di crederci.

L'azzardo di Macron li ha messi in questa situazione. Il presidente sembra voglia giocarsi il tutto per tutto, chiedendo agli elettori se si fidano ancora di lui o lo costringeranno a una coabitazione sterile con il giovane Bardella, frontman del lepenismo. Il verdetto disegnerà il futuro della Francia, con conseguenze profonde anche sul resto dell'Europa.

È una scommessa che ha strappato dal torpore un po' tutti. L'affluenza alle cinque della sera, in questo primo turno elettorale, è già da anni '70 e sfiora il 60 per cento, con venti punti percentuali in più rispetto alle legislative di due anni fa. Sono numeri a cui non si è più abituati e crescono senza sosta a segnare un'onda di passione civile. È una giornata particolare. C'è chi ha rinviato le ferie per andare a votare. Il 20 per cento ha meno di ventiquattro anni. Si sono mossi anche gli influencer che sui social lanciano appelli a fare il proprio dovere di cittadini. Come fa «Marin LB» che mostra il suo certificato elettorale e la tazzina di caffè e scrive: «Forza marmotte della domenica: spostate i vostri glutei dal divano. Ho provato per voi se si può andare a votare in pigiama. Tranquilli, si può fare». È solo uno dei tanti esempi e segna una tendenza, un clima, una certa aria che si respira. Questo accade nelle grandi città care a Macron, nelle periferie dimenticate, ma soprattutto nella Francia profonda, quella di provincia, che si sente spaesata e incarna le speranza di Bardella.

La democrazia in fondo è anche questo. È il tentativo di risolvere divergenze, anche profonde, non con le armi ma con il voto. L'importante è che chi perde riconosca poi la sconfitta e chi vince rispetti i valori fondamentali della liberal-democrazia occidentale. Nulla può essere dato per scontato. Il senso delle elezioni democratiche passa per la legittimità e per il rispetto delle minoranze. Sono i due pilastri che rendono il sistema democratico sano e solido. Se uno dei due viene buttato giù allora può davvero accadere di tutto. Non si può dire quindi a posteriori che chi ha vinto non ha la legittimità a governare. Non si può neppure però pensare che quella vittoria sia il passaporto per fare qualsiasi cosa. Ci sono diritti inalienabili che vengono prima del consenso, prima dei voti, prima di quella frase pericolosa che ti fa dire: il popolo è con me. Perfino il popolo, è bene ricordarlo, viene dopo la libertà.

È questa allora l'insidia che si nasconde sotto queste elezioni tanto sentite. Se chi vince o chi perde non rispetta le regole supreme del modello occidentale, allora si butta alle ortiche questa primavera democratica. Non solo viene dissacrata, ma la si spoglia di ogni speranza. Si dice che non è questo il metodo per risolvere i conflitti.

Non è un caso che tutto questo avvenga in Francia. È qui che le cose spesso accadono. Quando in questa terra carica di sentimenti si muovono le masse c'è da registrare ogni movimento.

La Francia è rivoluzione e avanguardia. È terrore e libertà. È qui che nasce il concetto di destra e sinistra. È qui che le idee si confrontano e qualche volta si ammazzano. È qui che giacobini e ultrà spazzano il filo della democrazia.

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