Le rose di Sergio e la fine dei sospetti. "Adesso mi rimangono solo i ricordi"

Ruocco torna a Terno d'Isola con i genitori di Sharon. Un bouquet di fiori sul luogo del delitto, poi una visita dal "don" che doveva sposarli

Le rose di Sergio e la fine dei sospetti. "Adesso mi rimangono solo i ricordi"
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Ora che non è più guardato come il solito sospetto, ora che l'assassino della sua non più futura moglie ha confessato l'omicidio e la sua insensatezza, ora che un po' di pace può finalmente far capolino dopo un agosto di dolore e illazioni, Sergio Ruocco ha fatto ritorno a Terno d'Adda. Una passeggiata in compagnia dei genitori della fidanzata Sharon Verzeni, uccisa da Moussa Sangare nella notte tra il 29 e il 30 luglio nel paese al centro di quell'isola bergamasca che un'isola non è, un triangolo di territorio ritagliato con geografica precisione tra l'Adda, il Brembo e il monte Canto. Con Bruno Verzeni e Maria Teresa Previtali Sergio ha trascorso questi trentadue giorni, lui che nella sua casa di Terno non poteva tornare perché sotto sequestro, e quindi si era trasferito a Buttanuco, pochi chilometri più in là, vicino a Suisio, il paesino dove in una casa occupata viveva Sangare. E un giorno andrebbe scritta la storia del legame tra i genitori della vittima e il suo fidanzato, di cui loro non hanno mai dubitato, nemmeno mentre gli investigatori brancolavano nel buio, come si dice nei giallacci di serie C, e i giornali tornavano a buttar lì che alla fine il fidanzato è sempre una pista, come il maggiordomo.

I tre erano già insieme venerdì sera, quando tutto era già chiaro e Bruno e Maria Teresa Previtali avevano accompagnato Sergio in cima a un prato, dove dietro a una recinzione lui aveva letto un messaggio, scritto su un foglietto che stringeva in mano: «Dopo un mese di incertezza la notizia mi ha dato un po' di sollievo perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi. Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita». Poi ieri Ruocco è stato intercettato dai cronisti che bivaccano a Terno in cerca di rimasugli del giallo dell'estate, che gli hanno chiesto quello che c'era da chiedergli, come stesse, che cosa provasse, e lui con la solita compostezza non ha mandato nessuno a quel paese, ma ha spiegato che «vado a trovare il don», intendendo il parroco con il quale lui e Sharon avevano fatto il corso prematrimoniale in vista di quelle nozze che si erano decisi a organizzare dopo tredici anni di conoscenza e tre di convivenza in via Marelli. In quella casa dove Sergio dormiva quando era stato svegliato di soprassalto alle 4 di mattina di quel 30 luglio e portato in caserma, senza che nessuno gli dicesse nemmeno che Sharon era morta, che il matrimonio non ci sarebbe stato più. «Dicci tu che cos'è successo», gli urlavano in faccia gli investigatori mentre lui cercava di capire di che cosa parlassero e mentre il suo datore di lavoro, preoccupato di non vederlo come sempre in servizio, lo cercava al pronto soccorso perché qualcosa doveva certo essergli successo, lui non si assentava mai. E qualcosa era successo, ma non quello.

È un idraulico Ruocco, 37 anni, e lavora alla Fiorendi di Seriate da anni, un lavoro sicuro, uno stipendio giusto per una tranquilla vita di provincia, un mutuo sul collo per comprare quella casa da cui è uscito con gli occhi gonfi di sonno e dove non ha mai più messo piede. Lo farà forse tra qualche giorno, dopo il probabile dissequestro. «Mi faranno sapere la prossima settimana», dice lui ai giornalisti che non smettono di braccarlo.

I concittadini, loro, lo fermano, gli danno un buffetto, gli sorridono. Qualcuno racconta di averlo visto di buon ora, mentre i giornalisti forse dormivano, portare in via Castegnate, dove Sharon è stata ammazzata, delle rose. Bianche. Come in un matrimonio.

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