Che cosa è successo esattamente quella notte tra il 13 e il 14 aprile, quando l'incrociatore russo Moskva venne abbattuto dai missili ucraini? Che ruolo hanno avuto gli americani? E quanto hanno pesato inefficienze e malfunzionamenti sulla nave orgoglio della marina russa, affondata come una bagnarola con gravi perdite umane e uno smacco incancellabile per gli aggressori dell'Ucraina?
A riaprire la pagina meno gloriosa dei primi mesi della guerra dei russi, provvedono due tra i più importanti quotidiani statunitensi, il Washington Post e il New York Times, che citando fonti anonime raccontano del ruolo fatidico rivestito nell'affondamento del Moskva dall'intelligence americana. Da Washington sarebbero arrivate informazioni fondamentali per consentire l'attacco all'incrociatore. E qui la ricostruzione si tinge di giallo. Secondo Nbc News, su richiesta delle forze di Kiev, gli americani avrebbero confermato che una nave che incrociava nel Mar Nero segnalata dagli ucraini era l'incrociatore Moskva e avrebbero precisato la sua posizione. Da parte loro gli Usa sminuiscono il caso: «Gli Stati Uniti forniscono intelligence sul campo per aiutare gli ucraini a difendere il loro Paese, non forniamo intelligence con l'intento di uccidere generali russi», afferma la portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Adrienne Watson. «L'Ucraina combina informazioni forniamo noi e altri con l'intelligence che loro stessi raccolgono e poi prendono le loro decisioni - conferma il portavoce del Pentagono, John Kirby - e poi prendono le loro decisioni». Insomma, Washington ha fornito a Kiev solo informazioni «legali e limitate» e «non siamo stati coinvolti nella decisione di Kiev di colpire la nave da guerra né nelle operazioni che hanno portato all'attacco», come sottolinea Kirby.
La vicenda dell'affondamento della Moskva è stata fin dall'inizio poco chara. Gli ucraini hanno da subito rivendicato l'affondamento provocato a loro dire da alcuni missili anti-nave R-360 Neptune di produzione nazionale, che avrebbero danneggiato in modo irreparabile l'incrociatore. Da parte sua Mosca ha sempre sminuito l'incidente parlando di un incendio a bordo che avrebbe causato la detonazione di munizioni. La nave poi sarebbe affondata durante una tempesta che l'avrebbe investita mentre veniva trainata per le operazioni di riparazione.
Quel che pare certo è che il Moskva era piuttosto vulnerabile. Secondo l'analisi del capitano della Marina statunitense Chris Carlson, che avrebbe attentamente esaminato le immagini della nave scattate prima e dopo l'esplosione del 13 aprile, i radar della nave erano «nella loro normale posizione stivata». Ciò che avrebbe impedito il loro regolare funzionamento. Questo spiegherebbe come sarebbero passati quasi inosservati missili ampiamente alla portata dei radar del Moskva, che avrebbero fatto scattare la risposta dei i missili terra-aria OSA-M.
Secondo Mosca peraltro l'attacco alla nave sarebbe stato ingiustificato. «L'incrociatore Moskva non prendeva parte all'operazione speciale in Ucraina, non era incluso nell'elenco delle unità militari e delle unità coinvolte e non è entrato nelle acque territoriali ucraine», ha specificato l'ufficio del pubblico ministero di Mosca, chiamato in causa dal Dmytro Shkrebets, padre del soldato di leva Yegor, che si trovava sull'ammiraglia affondata nel Mar Nero.
Il padre da settimane cerca di fare luce sulla fine del figlio, che gli è stata comunicata con un messaggio estremamente laconico in cui si diceva che «il marinaio è improvvisamente scomparso in alto mare ed è stato dichiarato disperso dall'unità militare poiché le ricerche non hanno dato esito». Una risposta che non è affatto piaciuta a Shkrebets, che sul principale social russo VKontakte, ha scritto: «Snake Island non è nelle acque territoriali dell'Ucraina? Che abominio è inviarci questa risposta?».
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