Resa con un complicato scambio di prigionieri, che potrebbe ancora riservare drammatiche sorprese e il niet di Mosca. Non è detto che tutti i superstiti dell'Azovastal, ultima ridotta di una Mariupol ormai caduta, siano convinti di cedere le armi, nonostante le parole del ministro della Difesa ucraino, Oleksy Resnikov: «Adesso hanno un altro ordine: preservare le proprie vite».
L'unica via di uscita possibile, a parte immolarsi come kamikaze, è lo scambio con prigionieri russi attraverso un piano ancora in corso messo a punto grazie ai buoni uffici della Croce rossa internazionale. Ieri pomeriggio sono partiti dall'acciaieria altri 7 pullman carichi di combattenti ucraini che si sono arresi. Il consigliere del presidente ucraino, Mikhailo Podolyak, ha definito Azovstal le «Termopili del XXI secolo». In realtà non è chiaro quanti siano gli ultimi difensori ancora sottoterra. Fra lunedì e martedì sono stati evacuati per primi i feriti gravi, 51, secondo il portavoce del ministero della Difesa russo, generale Igor Konashenkov. I video di medici e infermieri militari filorussi, con la fascia bianca sul braccio, che controllano le condizioni e li accolgono nell'ospedale di Novoazovsk nel Donbass occupato sono uno spiraglio di umanità, necessaria anche in guerra. La speranza è che non sia solo una finta in attesa della vendetta. Altri 211 militari ucraini feriti meno gravemente o illesi sono stati trasferiti a Olenivka, sempre in zona filorussa, per uno scambio di prigionieri.
La vice premier ucraina Iryna Vereshchuk, fedelissima di Zelensky, è la garante della trattativa, ma sul campo lo scambio è gestito dall'Sbu, i servizi di sicurezza di Kiev. «Prosegue l'operazione umanitaria che riguarda l'Azovstal - ha spiegato Vereshchuk nelle ultime ore - Stiamo lavorando ai prossimi passi. Se Dio vuole, andrà tutto bene». Passaggi delicati e pericolosi. La stessa vicepremier aveva fatto capire che era più semplice scambiare con prigionieri russi i marines, poliziotti, volontari della difesa territoriale di Azovstal. Il nodo rimaneva il reggimento Azov. Il tenente colonnello Denis Prokopenko, pur dichiarando di rispettare gli ordini di evacuazione, è veramente pronto ad arrendersi senza combattere? Eroi per gli ucraini e gran parte dell'Occidente, ma i russi vogliono inserire Azov «nella lista delle organizzazioni terroristiche». Il Cremlino ha garantito che verranno trattati «secondo le leggi». Però, il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, sostiene che «i criminali nazisti non devono essere oggetto di scambio. Dobbiamo fare il possibile per perseguirli». Il deputato russo Leonid Slutski vuole addirittura la pena di morte chiedendo un'eccezione alla moratoria vigente in Russia. Oggi le proposte arriveranno in aula.
Secondo il ministero della Difesa di Kiev i difensori di Mariupol «hanno cambiato il corso della guerra». La strenua e coraggiosa resistenza durata 83 giorni è servita a impegnare almeno 20mila soldati russi rallentando l'invasione.
Dopo i feriti e gli altri militari si calcola che nell'acciaieria siano rimasti fra i 200 e 300 uomini di Azov. Difficile che il Cremlino accetti di scambiarli come gli altri, ma nessuna delle due parti vuole trasformarli in martiri. Putin intende processarli come sta accadendo ai soldati russi a Kiev. Zelensky ha scelto di non sacrificarli e non è escluso che abbia offerto su un piatto d'argento prigionieri eccellenti come Viktor Medvedchuk, l'oligarca che avrebbe dovuto prendere il potere con le baionette russe.
Non è un caso che la delicata situazione nell'acciaieria avesse già provocato delle fratture fra le mogli dei difensori di Azov e il governo ucraino.
Oleksiy Arestovich, capo di gabinetto di Zelensky, ha ammesso che dai famigliari sono arrivate minacce di morte: «Dicono che li abbiamo scaricati». Il salvataggio di Prokopenko e dei suoi uomini è una missione praticamente impossibile, fino all'ultimo potrebbero non mancare i colpi di scena.
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