
Nelle intenzioni, la proposta (lanciata da Michele Serra su Repubblica)di una piazza pro-Europa, bipartisan e aperta a tutti, a sostegno dell'Ucraina tradita da Trump poteva essere una buona cosa.
Nella realtà, è presto diventata la foglia di fico cucita su misura per il Pd di Elly Schlein, per consentirgli di restare con il piede in due scarpe: un po' con Conte e i «pacifisti» anti-Ucraina che strizzano l'occhiolino a Putin (e Trump), un po' con una vaga e irenica idea di Europa «dei diritti» e mai delle responsabilità.
Non a caso, l'evento è stato preparato nella cucina di Repubblica: Serra ha lanciato l'idea, Schlein lo ha subito chiamato per dire «che bello, fatelo e io poi aderisco», Repubblica si è attivata per creare un appello dei sindaci (soprattutto di centrosinistra: Roma, Milano, Napoli, Torino etc) che la promuovesse «dal basso». A quel punto, secondo il copione concordato, Elly ci ha messo il cappello: una letterina a Repubblica in cui ha spostato immediatamente i riflettori dal sostegno all'Ucraina (incredibilmente neppure nominata, nonostante sia il crinale dove si gioca la partita tra democrazie e satrapie) agli accenti caserecci di concorrenza con Giorgia Meloni che «non sa scegliere tra la bandiera dell'Europa e il cappellino di Trump». Con annessi esercizi di vacuo equilibrismo: richiami alla «vocazione di pace», alla «difesa comune Ue», corredati però dal niet al «riarmo». Del resto anche domenica la segretaria Pd ha mostrato la propria vocazione all'ambiguità (che poi contesta a Meloni): nella piazza pro-Kiev convocata da Carlo Calenda non si è fatta vedere e non ha mandato nessuno a lei riconducibile: non sia mai che una foto tra le bandiere ucraine la metta in cattiva luce presso Conte e «pacifisti» di sinistra. C'erano ovviamente gli esponenti dem che da sempre sono schierati con nettezza contro l'imperialismo russo e per il sostegno anche militare a Zelensky: da Gori a Sensi, da Quartapelle a Malpezzi a Losacco. Soli.
Per la segretaria Pd, la manifestazione organizzata da Repubblica è innanzitutto la chance di contrapporre, senza dirlo, la propria generica piazza a quella (chiaramente anti-Ucraina e pure anti-Ue) minacciata da Conte per aprile. Per questo il Nazareno si è impegnato a convincere persino la Cgil di Landini a aderire.
Per Repubblica, invece, si tratta anche di un'abile operazione di marketing editoriale: sarà certo una coincidenza, ma il direttore Mario Orfeo ha annunciato che - proprio alla vigilia della manifestazione - Repubblica «si rinnova», con un restyling grafico, per dare «una voce nuova e una declinazione contemporanea al progetto originario», con l'obiettivo di continuare ad essere «un motore di sviluppo nel dibattito economico e sociale del paese».
La piazza del 15 marzo, col marchio di Repubblica e l'adesione di leader del centrosinistra, dei sindacati e delle varie organizzazioni collaterali, diventa così anche un'ottima occasione pubblicitaria, per confermare la testata come «motore» dell'opposizione.
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