Lo sgomento e l'indignazione (ma anche il timore) sono i sentimenti prevalenti nel governo nelle ore successive agli attacchi al quartier generale italiano di Unifil in Libano. Tra i primi a intervenire è stata la premier Giorgia Meloni che in una nota scrive: «Apprendo con profonda indignazione e preoccupazione la notizia dei nuovi attacchi subiti dal quartier generale italiano di Unifil nel sud del Libano, che hanno causato anche il ferimento di alcuni nostri militari impegnati in missione di pace. Desidero esprimere la solidarietà e la vicinanza mia e del Governo ai feriti, alle loro famiglie e sincera gratitudine per l'attività svolta quotidianamente da tutto il contingente italiano in Libano». La Meloni ha poi aggiunto: «ribadisco ancora una volta che tali attacchi sono inaccettabili e rinnovo il mio appello affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di Unifil e collaborino per individuare in tempi brevi i responsabili».
Una dura condanna è arrivata anche dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha spiegato: «è inaccettabile quello che sta accadendo come abbiamo detto a Israele di prestare la massima attenzione, così lo diciamo con altrettanta fermezza a Hezbollah. I militari italiani non si possono toccare».
Il ministro della Difesa Guido Crosetto si è rivolto anche a Israele affermando «cercherò di parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano, cosa che è stata impossibile dal suo insediamento ad oggi, per chiedergli di evitare l'utilizzo delle basi Unifil come scudo».
L'attacco alla base italiana in Libano è avvenuto in una giornata già complessa sul fronte della politica estera dopo la decisione della Corte penale internazionale di emettere un mandato di cattura internazionale per il primo ministro isrealiano Benjamin Netanyahu e per l'ex ministro della Difesa dello stato ebraico Yoav Gallant.
In un primo momento sono infatti emerse diverse posizioni nel governo da parte di Antonio Tajani, Guido Crosetto e Matteo Salvini ma a dettare la linea è stata una dichiarazione del presidente del Consiglio che ha nei fatti ribadito la centralità della Farnesina e del Ministro Tajani nel gestire i dossier di politica estera: «approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La Presidenza italiana del G7 intende porre il tema all'ordine del giorno della prossima Ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre». Giorgia Meloni ha poi concluso «un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas».
A scatenare il dibattito erano state le parole del vicepremier Matteo Salvini: «conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto», dichiarazioni seguite a quelle del ministro degli Esteri Antonio Tajani «noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che la Corte deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico» e del
ministro della Difesa Guido Crosetto «ritengo sia una sentenza sbagliata» ma «noi dovremmo applicare le disposizioni della Corte». A fare da sintesi è stato l'intervento di Giorgia Meloni che ha chiarito la linea dell'esecutivo.
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