Continua la battaglia di una parte del mondo del cinema per l'assegnazione dei fondi pubblici e la ridefinizione del tax credit. Ieri si è pronunciato il regista Sydney Sibilia alla presentazione dei palinsesti cinema e serie tv della Rai. Era stato Nanni Moretti, durante la cerimonia finale della Mostra del cinema di Venezia, a chiamare alla mobilitazione contro la riforma voluta dall'ex ministro Gennaro Sangiuliano. C'è da dire una cosa: tutti sapevano che la situazione creata dal precedente ministro, Dario Franceschini, era insostenibile e andava cambiata. Si può, anzi si deve, discutere di percentuali e altri dettagli ma finanziare film sui quali grava addirittura l'incertezza della distribuzione non è la strada giusta. La cosa andava a detrimento di chi i film li porta davvero nelle sale, infatti questi ultimi erano (e sono) tutti d'accordo sulla necessità di una piccola svolta. Poi c'è un'altra questione, difficile da mettere a fuoco perché si entra nel merito artistico. C'è da chiedersi quale sia lo stato del cinema italiano, a prescindere dalla vicenda politica. Ieri, il quotidiano economico Italia Oggi faceva notare che ci sono diciannove film in corsa per giocarsi l'Oscar. Quindici sono giù uscite e hanno incassato una miseria (8,2 milioni di euro, media incassi di 550mila euro circa). Quattro sono al debutto. Ci sono Parthenope di Paolo Sorrentino e Vermiglio di Maura Delpero, Leone d'Argento a Venezia: due film che potrebbe far lievitare l'incasso complessivo. Il meglio della produzione nazionale, per ora, non ha destato molto interesse nel pubblico. Si potrebbe dire che proprio a questo servono i finanziamenti: permettere opere coraggiose senza badare troppo al botteghino e far crescere i talenti. I finanziamenti sono di lungo corso: eppure si ha l'impressione che i grandi registi sarebbero emersi in ogni caso. Inoltre, se prendiamo i quattro film in concorso a Venezia, che è una mostra d'arte cinematografica (sottolineiamo arte) possono offrire una panoramica generale.
Abbiamo visto due ottimi film (Queer e Vermiglio) e per il resto il condensato di una serie Netflix, la Prima guerra mondiale come sempre in chiave puramente pacifista e la canonica storia di mafia. Parliamo di soldi pubblici ma parliamo anche di nuove idee cinematografiche, altrimenti è tutto inutile.
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