
Finirà in carcere Giovanni Castellucci, ex amministratore di Autostrade per l'Italia (Aspi). I giudici della quarta sezione penale della Cassazione hanno confermato e quindi reso definitiva la condanna a sei anni per omicidio colposo e disastro colposo nei confronti del manager per la strage sull'A16 Napoli-Canosa del 28 luglio 2013, quando un pullman precipitò dal viadotto dell'Acqualonga nel territorio di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino, provocando la morte di 40 persone. «Castellucci è pronto a costituirsi, attendiamo l'ordine di carcerazione», garantisce il suo avvocato Filippo Dinacci.
L'incidente avvenne attorno alle 20,30 di quella domenica d'estate, quando il pullman Volvo B12 Echo di proprietà dell'agenzia di viaggi Mondo Travel, con 47 passeggeri a bordo molti dei quali erano stati a Pietrelcina in visita nei luoghi di Padre Pio iniziò a sbandare per la rottura dell'impianto frenante a seguito della rottura di un giunto cardanico dell'albero di trasmissione. Il mezzo urtò vari veicoli, poi impattò con i new jersey che cedettero lasciandolo precipitare per trenta metri e uccidendo 40 dei 48 occupanti tra i quali l'autista Ciro Lametta, 44 anni. In seguito emerse che molti passeggeri avevano udito chiaramente rumori sospetti ma erano stati ignorati da Lametta.
Castellucci, 65 anni, si era dimesso da ad di Aspi nel 2019, un anno dopo il crollo del ponte Morandi di Genova. Nel processo di primo grado per la tragedia di Acqualonga per lui erano stati chiesti 10 anni in quanto responsabile della gestione dell'infrastruttura ma era stato assolto mentre alcuni altri dirigenti di Aspi della Motorizzazione civile di Napoli erano stati condannati a pene variabili dai 5 ai 6 anni per non essersi a vario titolo assicurati del corretto posizionamento e manutenzione delle barriere di sicurezza poste a margine della carreggiata.
Una sentenza, l'assoluzione per Castellucci, che era stata ribaltata nella sentenza di secondo grado emanata nel settembre 2023 anche in seguito alle pressioni dei familiari delle vittime, che lo ritenevano il principale responsabile dell'incidente al pari del titolare dell'azienda Mondo Travel proprietaria del mezzo, Gennaro Lametta, fratello dell'autista morto, condannato a 12 anni poi ridotti a 9.
Il procuratore generale Sabrina Passafiume aveva chiesto il processo bis in Corte d'appello per l'ex amministratore delegato di Aspi, secondo la quale il fatto non sussisteva perché il pullman precipitato aveva un certificato falso di revisione, che non veniva effettuata dal 2011, ed «era privo dei requisiti minimi per circolare». Una tesi non accolta dai supremi giudici, per i quali «c'è stata una situazione di incuria protratta per numerosi anni, con il mancato controllo sui tira fondi» e una «colpevole inerzia da parte di chi doveva monitorare e controllare».
I giudici della Cassazione che hanno fatto passare in giudicato anche le condanne a 9 anni a Lametta, quella a 4 anni per l'allora dipendente della motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola e quelle per gli altri dirigenti e dipendenti del tronco.
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