"Sempre più genitori aggrediti non denunciano per vergogna. Il 17enne si può recuperare insegnandogli cos'è il conflitto"

Il pedagogo: fenomeno in crescita difficile da scoprire. Qui un caso limite

"Sempre più genitori aggrediti non denunciano per vergogna. Il 17enne si può recuperare insegnandogli cos'è il conflitto"
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Daniele Novara, pedagogista, a Milano ha fondato (35 anni fa) il Cpp, Centro psicopedagogico per la gestione dei conflitti. Dietro la strage di Paderno Dugnano si cerca il «perché», ma ora anche «se» e «come» si recupera un ragazzo di 17 anni che ha ucciso madre, padre e fratellino.

«A questa età i margini di recupero sono enormi. Ora va guardato a vista perché il rischio per lui è il suicidio. Poi dovrà lavorare sulla capacità di gestire i conflitti, le frustrazioni per arrivare a capire che non si possono asfaltare tutte le strade, spianare il mondo per eliminare le dune. Imparare a vivere. Certo, si tratta di un caso limite, ma negli ultimi anni sto assistendo a un aumento preoccupante dell'aggressività contro i genitori. È un fenomeno assolutamente inedito a livello storico e anche molto difficile da scoprire perchè spesso è accompagnato da un senso di vergogna e imbarazzo che impedisce al genitore di parlane».

Un fenomeno quanto preoccupante?

«I miei sono dati empirici, ma è inquietante. Sono sempre di più i genitori che segnalano situazioni di aggressività fisica. E non sto parlando di insulti che sono la norma».

Addirittura?

«Una nostra ricerca 15 anni fa aveva rivelato che gli adolescenti insultano regolarmente i genitori italiani. La novità è che ora c'è l'attacco fisico. A cose e persone. Almeno un adolescente su 2 ha rotto un mobile al punto che nelle mie serate con i genitori, come battuta, dico che il bonus mobili è stato l'unico bonus per le famiglie...»

Da dove viene tutta questa rabbia?

«C'è una certa fragilità dei genitori che non riescono a contenere la tensione dei ragazzi, a inibire comportamenti emotivi scorretti. Incontro madri e padri che faticano a mantenere la giusta distanza, quella distanza che consente poi di avere la titolarità educativa. Troppo spesso si cercano con i figli relazioni confidenziali, se non amichevoli, che non possono poi arginare le istanze aggressive. Genitori che vivono nell'innocenza del mito del dialogo, della parola, dello scambio. Ma così facendo abdicano al loro ruolo. Non solo. C'è anche un'idea legata alla mutazione narcisistica»

Cosa significa?

«Significa che diventa troppo impegnativa la responsabilità educativa, meglio avere vicinanza. I genitori dedicano oggi tantissimo tempo ai figli. I padri quattro volte di più rispetto ai padri degli anni '60, le mamme hanno raddoppiato i loro tempo ma la percezione è di dedicarne poco. Assurdo. La preziosità dei figli viene coltivata assecondandoli invece che educandoli».

Spesso così i genitori cercano di evitare discussioni.

«Ma arginare significa invece proprio agire una conflittualità che per il figlio è normale. Tutti noi siamo stati adolescenti e lo sappiamo. Ora è il genitore che non lo accetta più in un mito dell'armonia che non ha alcun senso. Come si fa ad avere armonia con gli adolescenti? È un ossimoro. Così si creano generazioni di ragazzi incapaci di gestire quelle situazioni in cui gli altri non sono d'accordo con te, non ti danno ragione, le cose non vano come volevi. Ed ecco i corti circuiti che portano a comportamenti aggressivi legati alla frustrazione di non sapere gestire i conflitti. Questa difficoltà è l'anticamera della violenza».

Qualche esempio pratico?

«Per esempio non servono gli spiegoni. Sono la cosa che più accende la rabbia nei ragazzi. Mi fanno tenerezza chi si lamenta mio figlio non mi ascolta. Chi cerca intimità con i figli si mette in pericolo, e va detto forte Prendiamo l'utilizzo degli smartphone. A 13, 14 anni il padre, o la madre che deve operare in termini paterni, deve attivare una negoziazione. Mettendo dei paletti. Ad esempio, il tempo. Lo smartphone lo usi due ore al giorno non di più. Mettiamoci d'accordo sul quando, ma senza grandi spiegazioni. Il genitore che si giustifica vuole bypassare il conflitto con l'adolescente. Quindi l'operazione educativa è di mettere un limite che consenta la libertà. Non un limite che la soffochi. Un limite dentro cui i ragazzi hanno il massimo della libertà. Se vai voler interferire sulla loro libertà sei destinato a contraccolpi seri».

Qualcuno potrebbe obiettare che l'assenza di dialogo crea fratture.

«Ma non è una frattura: è un conflitto educativo E non va scansato».

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