Le sfide del 2024: fisco e privatizzazioni

Gli obiettivi del ministro Giorgetti: confermare i tagli a cuneo e Irpef riducendo deficit e debito

Le sfide del 2024: fisco e privatizzazioni
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Il 2024 del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, si apre all'insegna di due sfide parallele: la riduzione del deficit da far combaciare con una manovra 2025 che non sia restrittiva e l'avvio di un piano di privatizzazioni che dimostri la buona volontà di non far aumentare il rapporto debito/Pil. La partita del disavanzo assume un'importanza fondamentale nell'anno in cui tornerà in vigore il Patto di Stabilità nella sua versione riveduta e corretta. L'Italia dovrà tagliare il deficit/Pil di 0,2 punti percentuali nell'ambito di un piano settennale che coinciderà con l'attuazione del Pnrr. Allo stesso tempo, occorrerà trovare le risorse (circa 15 miliardi di euro) per confermare le due misure-bandiera dell'ultima manovra: la conferma del taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro e l'eliminazione dell'aliquota Irpef del 25% con estensione fino a 28mila euro di quella al 23 per cento.

Il ministro Giorgetti ha detto al Sole 24 Ore che le risorse ci sono «se l'emorragia del Superbonus si ferma». Con la fine del 2023 è terminata l'applicazione del credito d'imposta del 110% alle ristrutturazioni edilizie, ma l'effetto trascinamento dei lavori avviati tra fine 2022 e nel 2023 continuerà. Se a questo si aggiunge che la crescita economica potrebbe essere inferiore alle attese della Nadef (1,2%) con un Pil al +0,7%, la cautela è d'obbligo. Anche se il ministro dell'Economia si è dichiarato fiducioso sul buon esito delle innovazioni fiscali introdotte con i decreti collegati alla manovra in materia fiscale, tra revisione delle detrazioni e stretta anti-evasione. «Andranno attuati anche gli aspetti meno sexy dal punto di vista della comunicazione e del consenso politico», ha spiegato. D'altronde, il rigore di bilancio è testimoniato dallo stop al reddito di cittadinanza nella sua vecchia formulazione che costava oltre 8,5 miliardi l'anno.

Discorso diverso per le privatizzazioni. La Nadef fissa un incasso da questa voce pari a un punto di Pil (circa 20 miliardi) nel triennio 2024-2026. Si tratta di un segnale di buona volontà che va al di là dell'impegno a ridurre dell'1% annuo il rapporto debito/Pil, percorso che inizierà una volta portato il deficit/Pil sotto il 3 per cento. Un primo esempio se n'è avuto con il collocamento del 25% di Mps che ha portato 900 milioni nelle casse del Tesoro. Queste iniziative, come annunciato dallo stesso Giorgetti, potrebbero essere recuperate con il collocamenti di quote di RaiWay, la società delle torri di trasmissione Rai (il 65% di Viale Mazzini vale oltre 915 milioni), e di Poste (il Mef ha il 29,2% che in Borsa vale 29,2 miliardi). Un disimpegno parziale dal Gruppo Fs o da una delle sue controllate richiederà invece più tempo per l'opportuno adeguamento legislativo.

Come detto, è soprattutto una questione simbolica (rispetto a un debito al 140% del Pil) per dimostrare affidabilità. Il progressivo disimpegno da Ita con l'ingresso di Lufthansa, una volta che Bruxelles abbia finito di allungare oltremodo l'iter autorizzativo, ne sarà un'ulteriore dimostrazione.

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