Ai tifosi della cancel culture, a chi imbratta le statue, a chi abbatte i monumenti, a chi sbianchetta i libri, a chi giudica il passato con gli occhi del presente, a chi vuole depurare il linguaggio, a chi non capisce che «politicamente corretto» significa «corretto dalla politica», possiamo consigliare la lettura di alcuni libri. Ad esempio, La chiusura della mente americana (Lindau) di Allan Bloom, il romanzo La macchia umana (Einaudi) di Philip Roth, l'intramontabile La cultura del piagnisteo di Robert Hughes (Adelphi).
In Italia, il nodo della contesa culturale e politica è sempre il Ventennio fascista. Non si capisce nemmeno perché ci siamo presi la briga di cambiare millennio visto che il dibattito è fermo al Novecento. Naturalmente, del fascismo si può parlare in un solo modo: malattia della cultura italiana che portò a una tragedia epocale. Il Fascismo è un regime dispotico, dunque è incompatibile con l'arte e la letteratura. Anzi, arte e letteratura, sotto il regime di Mussolini, non sono mai esistite o sono trascurabili. Figuriamoci sotto il nazismo. Ma provate a leggere i saggi di Susan Sontag su Leni Riefensthal appena usciti (in Donne, Einaudi). La regista era indubbiamente incline alla propaganda nazista: ma chi può negare lo statuto di opera d'arte a documentari come Olympia e Il trionfo della volontà? Dovremmo quindi smagnetizzarne le «pizze» (le più preziose copie tra l'altro sono in Italia, a Grado, portate da Nico Naldini e Pier Paolo Pasolini)? Sarebbe meglio cercare di capire, seguendo l'esempio della Sontag, scrittrice di sinistra. C'è qualcosa, nell'arte, che eccede la propaganda, se l'artista è grande.
Per il Fascismo, punto di svolta è stata la mostra Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943 curata da Germano Celant alla Fondazione Prada di Milano nel 2018. La vastità (e la bontà) della cultura prosperata nel Ventennio usciva con una evidenza schiacciante. Nei prossimi giorni, Arte e Fascismo (prefazione di Pier Luigi Battista, La nave di Teseo, in libreria da martedì 2 luglio) di Vittorio Sgarbi aggiungerà nuovi importanti tasselli a partire dal fenomenale archivio del Mart di Rovereto e dalla attenta ricostruzione del Premio Cremona voluto da Roberto Farinacci.
Potreste ingannare l'attesa di Sgarbi con la monumentale Vita avventurosa di Julius Evola (Bietti) di Andrea Scarabelli. Nelle ottocento pagine, c'è molto di più della biografia del barone «nero». C'è una descrizione avvincente delle avanguardie... di regime e una ricostruzione dei salotti intellettuali degli anni Dieci e Venti, incredibilmente ricchi di nomi noti o ingiustamente dimenticati.
Ma forse sono consigli inutili, la forza della cancel culture risiede
nell'ignoranza di chi la pratica. Bastano dieci pagine di Sontag o Sgarbi per rendersi immuni da una delle peggiori malattie della nostra epoca, la censura culturale, e senza cedere in alcun modo al fascino dei regimi totalitari.
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